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«Il coach ha diritto di pregare». Dopo l’aborto, un’altra lezione dalla Corte Usa
NEWS 28 Giugno 2022    di Giuliano Guzzo

«Il coach ha diritto di pregare». Dopo l’aborto, un’altra lezione dalla Corte Usa

Senza dubbio la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti n. 597 del 24 giugno 2022 sull’aborto è destinata a passare alla storia. Non va però sottovalutato anche un altro pronunciamento – sempre della stessa Corte, sempre deliberato con 6 giudici contro 3 – emanato in questi giorni: quello Kennedy v. Bremerton School District. Con tale verdetto, infatti, la più alta corte americana non ha solo dato ragione a Robert Kennedy – un allenatore di football licenziato da un liceo dopo aver organizzato una pubblica preghiera sul campo al termine di una partita -, ma pure ribadito un concetto: la libertà religiosa conta, e è in conflitto con la laicità dell’istituzione scolastica.

Più precisamente, il giudice conservatore Neil Gorsuch ha scritto in sentenza che il diritto a pregare di Kennedy è sancito dalla libertà di parola e religione – e come tale non può essere contrastato dal distretto scolastico in nome della separazione fra chiesa e Stato. «La Costituzione e il meglio delle nostre tradizioni consigliano mutuo rispetto e tolleranza, non censura e soppressione, sia per le opinioni religiose che non religiose», recita il verdetto, che ha registrato il dissenso di tre giudici liberal – Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan –, che hanno richiamato precedenti in cui era stato dichiarato «inammissibile» che dei funzionari scolastici potessero guidare una preghiera pubblica.

La rilevanza di tale verdetto, come acutamente osservato dal National Catholic Register, consiste nel fatto che oggi molti non solo tra gli allenatori, ma anche tra gli insegnanti sono costretti all’autocensura dal clima secolarista e intollerante che si sta radicando negli Usa. Ecco, oggi a costoro la Corte Suprema lancia un messaggio forte: potete esprimervi, non dovete censurare il vostro credo e – se lo ritenete – potete manifestarlo anche con una preghiera. Non è evidentemente cosa da poco, una simile sentenza. Anche perché, giova ricordarlo, ciò che è si sta verificando è una progressiva erosione della libertà di coscienza del corpo docenti.

Come in Europa, anche negli Stati Uniti sempre più insegnanti sono obbligati a conformarsi a codici linguistici – relativi alle pari opportunità e soprattutto al gender – non solo spesso in contrasto con la realtà biologica, ma pure spesso oltraggiosi verso gli insegnamenti della morale religiosa, cristiana in primis. Ne consegue come, pur essendo meno clamorosa di quella sull’aborto, anche con questa sentenza dalla Corte Suprema degli Stati Uniti sia arrivata una grande lezione, che sarebbe bene facesse scuola anche dalle nostre parti: una lezione a difesa della libertà di credo, contro tutti i bavagli genderisti e del politicamente corretto che, in nome di una equivoca «tolleranza» stanno tentando di censurarlo.

Onore quindi a sei giudici conservatori della Corte e anche a Robert Kennedy, un devoto ex marine statunitense che nel 2008 è diventato allenatore di football alla Bremerton High School di Bremerton, Washington – la stessa scuola in cui si è era diplomato nel 1988 –, che si è dimostrato un eccellente coach di libertà. Poteva infatti incassare il provvedimento contro di lui e fare finta di nulla. Invece, da buon americano appassionato di football, ha scelto di giocare la partita più importante della sua vita. E per sua fortuna – e pure nostra – l’ha vinta.

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