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Il dossier dei Cavalieri di Colombo, la condanna dell’ISIS per genocidio anticristiano e John Kerry
NEWS 23 Marzo 2016    

Il dossier dei Cavalieri di Colombo, la condanna dell’ISIS per genocidio anticristiano e John Kerry

di Paolo Petrini

Lo scorso 17 marzo il Segretario di Stato Usa John Kerry ha dichiarato che i cristiani e altre minoranze religiose in Iraq e in Siria sono vittime di un «genocidio». È soltanto la seconda volta che gli Stati Uniti hanno usato questa definizione per una situazione in atto. 

Nell’ottobre 2014 il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, rivolgendosi ai capi delle Chiese cattoliche del Medio Oriente riuniti a Roma, aveva detto: «Nel caso specifico delle violazioni e degli abusi commessi dal cosiddetto Stato islamico la Comunità internazionale, attraverso le Nazioni Unite e le strutture che si sono date per simili emergenze, dovrà agire per prevenire possibili e nuovi genocidi e per assistere i numerosi rifugiati». 

Nel luglio 2015, parlando ai movimenti popolari nella città boliviana di Santa Cruz de la Sierra, Papa Francesco aveva dichiarato: «Oggi vediamo con orrore come il Medio Oriente e in altre parti del mondo si perseguitano, si torturano, si assassinano molti nostri fratelli a causa della loro fede in Gesù. Dobbiamo denunciare anche questo: in questa terza guerra mondiale “a rate” che stiamo vivendo, c’è una sorta – forzo il termine – di genocidio in corso che deve fermarsi». 

Una risoluzione a proposito del genocidio, proposta dal parlamentare europeo Lars Adaktusson, (Democratici cristiani, Svezia) è stata approvata a larga maggioranza dal Parlamento di Strasburgo, con un consenso trasversale ai partiti. Nelle scorse settimane i Cavalieri di Colombo hanno redatto un report di 300 pagine per sostenere la richiesta della dichiarazione del Dipartimento di Stato americano. Il documento riporta i nomi di 1.100 cristiani uccisi in Iraq dal 2003, e descrive le violenze e le atrocità commesse più recentemente su altre 1.500 persone per mano dell’Isis in Iraq e in Siria. Il patriarca siro-cattolico Younan ha scritto: «Voglio affermare e senza alcuna esitazione dichiarare che i cristiani in Medio Oriente sono stati oggetto di genocidio. Non sono stati tutti uccisi, ma rischiano realmente di essere spazzati via dalla loro patria». L’ex arcivescovo caldeo di Mosul, Amel Nona, ha dichiarato: «Noi chiediamo con forza di riconoscere come un genocidio ciò che ci è accaduto come cristiani dell’Iraq e in particolare di Mosul e della piana di Ninive».  

La conferenza episcopale americana, attraverso il suo presidente, l’arcivescovo Joseph Kurtz, ha chiesto ai cattolici Usa di sostenere la petizione dei Cavalieri di Colombo (firmata da 140.000 persone), e ha espresso soddisfazione per la dichiarazione di Kerry.  

«L’annuncio del Segretario di Stato John Kerry è giusto e veramente storico – ha commentato lo scorso 17 marzo il Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo, Carl Anderson – Gli Stati Uniti e il mondo sono uniti in questo, e non si volteranno a guardare dall’altra parte». 

Nel 1948, dopo la Shoah, le Nazioni Unite approvano e presentano la Convenzione sulla Prevenzione e la Repressione del Genocidio. 

Più di recente, nel 1998, un gruppo di Stati ha sottoscritto l’istituzione di una Corte Penale Internazionale (CPI). Secondo la definizione del crimine data dalla Convenzione, il genocidio consiste nell’intento di annientare, in toto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale.  

Il concetto di genocidio aveva trovato la sua prima applicazione giuridica nel processo di Norimberga contro i criminali di guerra nazisti, condannati per «crimini di guerra» (terzo capo d’accusa), tra cui «il genocidio deliberato e sistematico; ovvero lo sterminio di gruppi razziali e nazionali, diretto contro la popolazione civile di alcuni territori occupati, al fine di distruggere determinate razze e categorie di persone, nonché determinati gruppi nazionali, razziali o religiosi, in particolare ebrei, polacchi e zingari».