di Alberto Bobbio
Ricostruire la storia del Grande Male non serve a incrementare contrapposizione tra popoli o mondi religiosi, ma solo a capire il Novecento. Ne è convinto Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di sant’Egidio, che in occasione del centenario del genocidio degli armeni pubblica con gli Editori Laterza La strage dei cristiani, frutto di lunghe e appassionate ricerche su uno degli aspetti meno noti dello sterminio degli armeni: le stragi avvenute a Mardin, una città oggi a pochi chilometri dal confine siriano, oltre il quale ancora si combatte e si consuma un’altra pagine tragica della morte dei cristiani d’Oriente, esattamente come cento anni fa.
A Mardin sono morti per lo più cattolici armeni, cristiani tranquilli e indifesi, cristiani della montagna, che convivevano in pace con musulmani, curdi e altre etnie sotto l’Impero ottomano. Riccardi indaga le ragioni della convivenza e quelle del massacro, storia dolorosa dove non tutti divennero preda dell’odio e si poterono contare anche “i giusti musulmani” che salvarono i cristiani a prezzo della vita, come poi accade nella tragedia della Shoah con quelli che saranno definiti i Giusti d’Israele. E’ un libro affascinante, che non risparmia la fatica della cronaca di ciò che accaduto, che non nasconde il dramma delle morti più efferate di donne, bambini e uomini e degli atti di eroismo di chi ha cercato di opporvisi. La vicenda di Mardin è rimasta nel cono d’ombra di una storia già in ombra perché era lontana dai grandi dibattiti della politica del tempo.
Vi abitavano cattolici che avevano aderito alla Chiesa armena perché non avevano trovato un'altra chiesa. Ma il loro carattere etnico, spiega Riccardi, era assai debole e si tenevano lontano dal nazionalismo armeno, accusato di secessionismo prima dalla Sublime Porta e poi dal governo dei Giovani Turchi e alla base della giustificazione della persecuzione dello sterminio. Su queste vicende la memoria è rimasta sempre molto tiepida. Se il compito di ricordare il Grande Male per gli armeni se lo è assunto la diaspora per i cattolici e le altre minoranze religiose non ortodosse non è stata prodotta quasi alcuna memoria.
Giovanni Paolo II ha contribuito a cambiare le cose proclamando beato nel 2001 il vescovo armeno cattolico di Mardin Ignace Maloyan, ucciso dopo pestaggi e torture per essersi rifiutato di diventare musulmano. Riccardi spiega la storia, ma accompagna il lettore per mano tra le case di Mardin e le sue chiese rupestri oggi sopravvissute, rimaste a testimonianza di tracce di pluralismo e anche religioso, che invece in altre città della Turchia sono scomparse quasi del tutto. I cristiani oggi vivono ancora a Mardin. Leggere questo libro è come rendere un omaggio alla loro storia, alla loro memoria e occuparsi un po’ del loro futuro.
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