di Gianfranco Amato
A fronte del dubbio insorto circa l’esistenza di un vuoto normativo innescato dalla sentenza della Consulta dello scorso aprile con cui si è aperta la possibilità di attuare la fecondazione eterologa, il presidente della Corte, Tesauro, ha affermato che “i centri di fecondazione assistita autorizzati possono praticare già ora l’eterologa, purché rispettino tutti quei paletti che la legge 40 ha fissato per la procreazione medicalmente assistita in generale e tutti i meccanismi di controllo pubblico previsti e magari talvolta insufficienti”, peraltro ammettendo che esiste un “punto di un certo rilievo” da regolamentare, quello del numero delle possibili donazioni di gameti. Conclusione a dir poco semplificatoria.
Ma su quale fondamento è sostenibile che l’eterologa può essere immediatamente praticata?
La necessità di regolare con norme dotate di adeguata efficacia preventiva/repressivala materia del numero delle donazioni; la materia della localizzazione geografica delle donazioni stesse; la necessità di sterilizzare, direttamente o indirettamente, i gravissimi rischi di un semi-anonimato anarchico, sono la miglior riprova del fatto che l’eterologa non può essere praticata, al momento, in assenza di una specifica disciplina. Né è coerente asserire – come fa Tesauro – che l’eterologa sarebbe immediatamente praticabile ma contestualmente riconoscere la carenza del sistema vigente con riguardo a un “punto di un certo rilievo”. Asserire che l’eterologa può essere praticata prima di regolare il “punto” stesso è una tesi inaccettabile.
L’analogia proposta dalla sentenza della Consulta fra adozione ed eterologa deve dunque essere interpretata solamente in senso generico, parziale e approssimativo. Pensiamo alla diatriba insorta circa la possibilità di selezionare le caratteristiche somatiche del donatore.
Nell’adozione, che pure la Corte richiama come modello analogo a quello dell’eterologa, non è data la diretta possibilità alla coppia di scegliere l’aspetto somatico del bambino, mentre la maggioranza dei fautori dell’eterologa asserisce invece che tale opzione va riconosciuta in caso di fecondazione artificiale con gameti estranei alla coppia. Si dovrà allora aprire un dibattito su quali norme in tema di adozione o su quali norme concernenti altri settori del diritto siano analoghe e dunque applicabili all’eterologa.
Questi argomenti, fra gli altri, dimostrano la sconcertante fragilità dell’opinione che vede la sentenza della Consulta come la panacea capace di rendere immediatamente possibile l’eterologa. L’eterologa, in realtà, demolisce le fondamenta del sistema configurato dalla legge 40, introducendo principi nuovi e opposti a quelli originari e non armonizzabili senza un intervento normativo. E chiunque, senza essere un giurista, può capire come in un contesto normativo che era integralmente permeato dal divieto di fecondazione eterologa non sia agevole reperire le norme necessarie per regolare l’eterologa stessa.
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