Per poter smentire o suffragare l’idea che Papa Montini abbia in qualche maniera sostenuto il marxismo credo sia necessario rivolgersi direttamente al suo Magistero, sia episcopale che papale, e al suo operato di fronte a tale ideologia.
Anno 1960, Milano. Nel capoluogo lombardo si stavano delineando da qualche mese programmaticamente e politicamente le caratteristiche di una nuova coalizione di centro-sinistra formata dalla Democrazia Cristiana e dal Partito Socialista Italiano. Mancava solo quell’accordo organico tra le federazioni locali dei due partiti che avrebbe trasformato Milano nel trampolino di lancio per la formazione di un centro-sinistra anche a livello nazionale, come d’altronde auspicava lo stesso Aldo Moro (1916-1978) nel suo noto discorso di Foggia (11 gennaio 1960), nel quale prospettò la futura linea di alleanze politiche della DC optando per una chiusura a destra a danni del MSI, del PLI e dei monarchici e per un’auspicabile apertura a sinistra nei confronti del PSI.
Di fronte a tale prospettiva l’allora arcivescovo di Milano Montini non nascose i propri dubbi e le proprie preoccupazioni, arrivando anche a redarre un documento che imponeva a tutti i sacerdoti ambrosiani di non sostenere in alcun modo l’apertura a sinistra della DC:
“Il turbamento negli animi e le difformità dei pareri, che tuttora riscontriamo in campo cattolico a motivo delle delicate circostanze attuali, ci inducono a ricordare ai nostri sacerdoti che riteniamo […] non doversi favorire la cosiddetta apertura a sinistra […]. Questo nostro giudizio, se tocca materialmente il campo politico, non è formalmente politico, ma pastorale […]. Siamo in coscienza convinti di una duplice realtà: tale apertura a sinistra coinvolge conseguenze molto gravi nelle anime in ordine alla fede e alla vita cristiana e nelle condizioni della Chiesa del nostro Paese; non sono state postegaranzie sufficienti, affinché il pericolo della apertura a sinistra non si risolva in danno e in disonore della causa cattolica. Non vogliamo pertanto che sia contestata, soprattutto nel campo nostro, la competenza della Chiesa ad interferire ed a pronunciarsi sulla illiceità e sulla sconvenienza dell’atteggiamento eventualmente favorevole dei Cattolici in ordine al suddetto passo politico […]. Desideriamo esprimere il nostro rammarico nel vedere tanti nostri figli ancora incapaci di rendersi liberi dal vecchio marxismo, ancora prevenuto ed ostile verso la religione […]. Gioverà inoltre la concordia che questa spirituale e pratica disciplina intende riaffermare, poiché riteniamo che la forte unione dei Cattolici sia tuttora reclamata come necessaria dalle presenti critiche circostanze […]”.
Secondo lo storico Enrico Landoni l’opposizione dell’allora Cardinal Montini alla svolta di centro sinistra ha contribuito a rimandare temporaneamente tale linea.
Nel medesimo anno in cui si oppose alla svolta a sinistra della DC, il card. Montini criticò inoltre il favore con cui le ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) guardavano l’apertura a sinistra in una lettera a loro inviata il 15 maggio 1960, nella quale afferma che gli aclisti non aderiscono alle linee guida della Chiesa “circa la famosa apertura verso il socialismo”, che stimolano “simpatie e speranza per un socialismo che tuttora si mostra così avverso alla religione”, il quale risulta anche essere “ostile e pericoloso per la nostra causa, sia religiosa che sociale”.
L’ostilità di Montini all’apertura a sinistra non era d’altronde nata negli anni ’60, già nel 1959 infatti l’Arcivescovo di Milano, in una lettera indirizzata a Federico Alessandrini, scrisse
“Ti sarai accorto come la mia persona e il mio ministero siano ora bersaglio di accuse e insinuazioni, d’indole sociale-politica, assai sfacciate e, per giunta, errate, e fors’anche menzognere (come, ad esempio, si può dire ch’io sono sempre stato favorevole alla cosiddetta apertura a sinistra, quando è vero il contrario?). […]”.
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