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Italiani gente di poca fede
NEWS 21 Agosto 2020    di Giuliano Guzzo

Italiani gente di poca fede

Ha un titolo evangelico e statisticamente molto attuale, l’ultimo libro del sociologo Franco Garelli, intitolato, appunto, Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio (Il Mulino 2020, pp. 264). Un titolo che a ben vedere contiene un paradosso – come può esservi «sentimento religioso» laddove c’è incertezza «di Dio»? -, che tuttavia torna utile per descrivere la condizione religiosa del nostro Paese.

Assistiamo infatti da un lato alla forte crescita di quanti pensano che Dio non esista (il 30%: 25 anni fa erano il 10%) e che credere sia da ingenui e illusi (23%, contro il 5% di un tempo) e, dall’altro, declinano pure i praticanti (oggi fermi al 22%); ciò nonostante – ecco il paradosso – il «sentimento religioso» permane e forse persino cresce.

Lo prova il fatto che il 67% degli italiani siano favorevoli all’esibizione del crocifisso nei luoghi pubblici e che i «cattolici culturali» – ossia coloro che aderiscono al «cattolicesimo come deposito di tradizione e valori» – siano negli ultimi anni cresciuti dal 27 al 43%; allo stesso modo, si è registrato un incremento di chi crede che vi sia una potenza maligna in «campo» contro l’umanità: un quarto di secolo fa quelli con queste convinzioni erano il 15%, oggi sono il 40%.

Quest’interessante indagine nazionale di Garelli, finanziata dalla Conferenza episcopale italiana, traccia insomma un quadro che vede il sentimento religioso «in grande movimento», ad evidenziare che scristianizzazione non fa per forza rima con laicizzazione. Da questo punto di vista, pur senza negare il declino anche italiano del cattolicesimo – che viene anzi confermato -, si approda alla conclusione che tuttavia occorre andarci piano, quando si parla di secolarizzazione.

Perché se anche la religione organizzata perde terreno e i valori religiosi sembrano scomparire dai radar della discussione pubblica, ecco, questo non significa necessariamente che stia avanzano l’ateismo. A tal proposito, anche la ricordata crescita di quanti pensano che Dio non esista – che oggi si aggirano, come detto, sul 30% – andrebbe presa con le pinze dato che non è da escludere che chi, da un lato, si riconosce in questa posizione, dall’altro poi possa considerare l’esistenza comunque di «forze soprannaturali», angeli, fantasmi o spiriti. Ciò non toglie, per tornare a leggere questi dati da un’angolazione cattolica, che di fatto la fede cristiana sia in arretramento.

Da dove dovrebbe ripartire, allora, l’evangelizzazione? Pur essendo quello di Garelli un testo sociologico e non ecclesiale, un’indicazione emerge dal fatto, osservato appunto nell’indagine, secondo cui ancora oggi maggioranza degli italiani dichiara di avvertire la presenza e la protezione di Dio nella propria vita, con circa la metà di essi che – nonostante tutto – ancora tende a «leggere» in chiave religiosa alcune vicende dell’esistenza. Significa che, per quanto affievolito, confuso e segnato da un certo anticlericalismo (a questo riguardo si segnala la crescita dei contrari all’8×1000, oggi pari al 46%), davvero il sentimento religioso resta «in grande movimento». Ne consegue come per evangelizzare occorra intercettarlo, stanarlo e incanalarlo, questo sentimento.

D’accordo, ma come? Bella domanda. La grande sfida odierna, dopotutto, sta proprio nella risposta che si dà a tale domanda. Quel che è certo – e che altre indagini sociologiche internazionali confermano – è che all’uomo di oggi il «prodotto religioso» interessa ancora, eccome se interessa. Bisogna fare attenzione quindi quando, a livello pastorale e di comunicazione, si preferisce camuffare un certo tipo di messaggio dottrinale, teologico o morale allo scopo di apparire più in sintonia con il mondo – o meno lontano da esso: perché forse è proprio quel messaggio dottrinale, teologico o morale, apparentemente superato e fuori


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