«Il nostro sistema di valutazione mette in evidenza le carenze e i fallimenti e per alcuni può essere molto scoraggiante», ha detto il ministro francese dell’Educazione Benôit Hamon, che ha annunciato il lancio di una commissione per studiare come modificarlo. I risultati arriveranno a dicembre. «Fanno bene i francesi, il voto è un’arma impropria», dice Francesco Dell’Oro, a lungo responsabile dell’orientamento scolastico per il Comune di Milano e autore di La scuola di Lucignolo (Urra-Feltrinelli). Di più, per Eraldo Affinati l’arma è addirittura «contundente». Insegnante in un istituto professionale di Roma e scrittore anche lui, tra i suoi libri annovera L’elogio del ripetente (per Mondadori: i titoli, in entrambi i casi, dicono molto). Dall’altro lato della barricata invece c’è chi come Elena Ugolini, preside del Liceo Malpighi di Bologna, ex sottosegretaria e ora consigliera per il ministro dell’Istruzione, ne difende il valore educativo: «Sono importanti, danno la misura di quello che aspetterà gli studenti fuori dalla classe».
Potrebbe sembrare una banalità, o persino un tecnicismo per addetti ai lavori, e invece è l’indice – pericolosissimo – di una mentalità sbagliata.
L’idea, cioè, che non esistano né castighi né premi nella vita, figuriamoci in una cosa che a troppi fa persino scappare da ridere qual è l’Aldilà. Che non ci siano né meriti né demeriti, che tutto sia comunque uguale, che non vi siano distinzioni e soprattutto che, qualunque cosa si faccia, non ci saranno mai conseguenze dirette e persino concrete delle nostre scelte, dei nostri gesti, delle nostre decisioni; che nessuno mai giudicherà perché giudicare non si deve, che nessuno sindacherà perché farlo è vietato per principio. L’idea di un’esistenza senza qualità, senza mete, senza regole, senza autori e senza giudici. Più o meno è come se la famosa quanto pessima epperò onnipervasiva canzone nichilista di John Lennon, Imagine, fosse diventata la filosofia di vita del mondo. Già l’ammanniscono ai piccoletti delle scuole pubbliche, violentati nel dover mandare a memoria per ordine delle insegnanti e recitare davanti a un pubblico estasiato e inebetito di genitori: «Immagina che non esista il Paradiso/ […] e nessun inferno sotto noi/ […] Immagina che tutta la gente/ viva solo per l’oggi/ […] Niente per cui uccidere e morire/ e persino nessuna religione».
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