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La fuga
NEWS 5 Marzo 2022    di Emiliano Fumaneri

La fuga

È ricco di suggestioni La fuga, il romanzo di Mario Iannaccone che racconta la storia di una famiglia in fuga da una Milano irriconoscibile e distopica, tramutatasi in una smart city ecologicamente sostenibile e ipercontrollata. Ma non è tutto: l’Unione Europea è diventata una società a piramide suddivisa in caste colorate, l’educazione ha lasciato spazio alla programmazione. Il Politicamente Corretto è stato elevato a religione civile della nuova Società Corretta, egemonizzata da un pensiero unico green, antinatalista e eugenetico. La politica è scomparsa, sostituita dall’amministrazione delle cose e inutile dire che la vera religione, quella cattolica, langue in un ghetto.

Un sistema di libertà “concesse”
La vita sociale della Società Corretta ruota attorno a un sistema di libertà autorizzate dallo stato che a tal scopo ha allestito un colossale arsenale digitale: una rete inquisitoria e capillare fatta di codici QR, droni volanti, intelligenze artificiali, incroci di dati, software che individuano il potenziale dissenziente dal tono della voce o dall’impiego di parole proibite. In questo mondo da incubo ogni mossa individuale deve sottostare al controllo dello stato. E per giunta, come accade in ogni sistema totalitario, lo stato ha “funzionarizzato” la società: tutti coloro che vogliono essere integrati nella Società Corretta sono obbligati a trasformarsi in piccoli funzionari statali impegnati a loro volta a controllare tutto e tutti, anche se stessi. Per poter accedere ai gradi superiori della Società Corretta gli individui devono infatti, oltre che accettare di trasformarsi in cavie della Scienza (rigorosamente con la maiuscola), anche farsi impiantare nel cervello dispositivi di sorveglianza. E non c’è modo di sapere chi abbia o meno ricevuto l’impianto.

Pandemia e cultura della sorveglianza
Il libro di Iannaccone allarga così lo sguardo fino a sollevare la questione della cultura della sorveglianza che caratterizza vieppiù la nostra società, una tendenza potentemente accelerata dalla pandemia. Le nuove tecnologie hanno permesso di costruire una società dove ciascuno è al tempo stesso – anche se in misura variabile – controllore e controllato. Basti pensare ai social network o alla miriade di applicazioni che consentono di sorvegliare non soltanto il prossimo ma anche di autosorvegliarsi. Così l’individuo geloso può scrutare maniacalmente i “like” e i commenti social della propria partner, oppure il datore di lavoro può vigilare sul profilo del dipendente per verificare se abbia condiviso o meno i post promozionali dell’azienda sui social network. O ancora è possibile monitorare il proprio stato di salute o la propria forma fisica attraverso apposite applicazioni dello smartphone. Per non parlare dei sistemi di profilazione degli utenti utilizzati da Facebook per raccogliere dati da vendere ai partner aziendali (e chissà cos’altro ancora).

C’è una via di uscita?
È possibile allora la fuga? È pensabile riuscire a sottrarsi a questa vischiosissima rete di sorveglianza? Bisogna prima di tutto capire di che parliamo. È bene dirlo: se parliamo di sorveglianza parliamo del potere. Gli eterni simboli del potere sono al tempo stesso strumenti e tecniche di sorveglianza che permettono di vedere senza essere visti.

Se non si può scappare, ci si può difendere
Il rischio tremendo della cultura della sorveglianza consiste precisamente in questo: che trasforma ogni aspetto della vita sociale in una relazione di potere. Un mondo dove tutti sono insieme controllori e controllati ricorda paurosamente la “schiavitù senza padroni” a cui accenna Chesterton.
Resta la domanda: si può fuggire? E come? Mai dimenticare che anche se non si può fuggire, ci si può sempre difendere. E un cristiano sa bene quale scudo vada impugnato. Ne parla Paolo nel rivolgersi ai cristiani di Efeso: «Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno» (Ef 6,16).

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