Vivere è bello, vivere senza amore è una tortura, una di quella privazioni per cui si può desiderare di morire. Azzurra non ha disprezzato la propria vita, l’ha amata nella sua verità più radicale che si esprime massimamente nella possibilità di donarla, nel movimento naturale che ci spinge liberamente a sacrificarci per l’altro. La sua storia è eccezionale perché drammatico ed eroico è il modo in cui è stata chiamata a farlo, e la sua risposta è stata un sì pieno. Eppure, se ci osserviamo con onestà, lo riconosciamo in azione nella trama apparentemente dimessa del nostro quotidiano: il sacrificio è parte di noi, addirittura è il motore più robusto che fa girare le nostre esistenze. Il sacrificio vero, come lo ha fatto Cristo, non quello antico o quello perverso, nevrotico e freudiano; quello nuovo, guarito da Dio in persona e finalmente, definitivamente salvifico.
Non riesco a leggere altrimenti la dolorosa storia piena di gioia, coraggio e avventura di questa mamma che, sostenuta dal marito, ha deciso di custodire la vita del figlio che portava in sé rimandando le terapie oncologiche più aggressive. Lei è Azzurra Carnelos, è morta all’età di 33 anni, quando suo figlio Antonio aveva poco più di otto mesi. Ha voluto dargli il tempo necessario a formarsi, sufficiente almeno perché potesse vivere fuori dal primo rifugio che a tutti noi ha permesso di prepararci alla luce a volte molesta del mondo esterno. Ha deciso insieme al marito di rimandare la chemioterapia perché rischiosa per la salute del loro bambino. Non riteneva accettabile che un farmaco compromettesse il grande bene della vita del figlio, per quanto utile a rallentare l’aggressività del tumore al seno, tornato con crudele tempismo con una recidiva. Questa storia ci ricorda di sicuro quella della Serva di Dio Chiara Corbella Petrillo, ugualmente decisa a proteggere il terzo bambino che portava in grembo, ugualmente capace di negoziare coi medici le cure per il tumore che l’aveva colpita in modo che non nuocessero al piccolo Francesco.
Su la Repubblica leggiamo che «nel 2019 era stato diagnosticato un tumore al seno. In sogno, ha raccontato lei stessa, la nonna, anche lei vittima di cancro, le aveva suggerito di non mancare i controlli. Così Azzurra Carnelos aveva scoperto quel nodulo maligno e si era sottoposta alle cure indicate dai medici, uscendo da quella prima neoplasia. A febbraio del 2023 aveva annunciato, assieme al suo compagno Francesco conosciuto nel 2013 durante gli studi di Economia bancaria e Finanza, di essere rimasta incinta».
La cosa che già nell’affrontare le terapie seguite alla prima diagnosi l’aveva preoccupata, era che avrebbero potuto impedirle di concepire e di portare avanti una gravidanza. Invece quella gioia non le è stata negata. Purtroppo però a luglio, quando era già al sesto mese, ha iniziato ad accusare dolori e disturbi. Sono corsi in ospedale a Treviso, racconta il marito Francesco che, nell’intervista rilasciata a Repubblica, racconta con lucidità ed equilibrio la loro storia e specifica con parole nette quanto le decisioni prese durante la gravidanza non siano state in aperta ostilità ai medici, anzi. Avevano fiducia nella medicina e hanno sempre seguito le indicazioni terapeutiche che venivano indicate e motivate dai sanitari.
È giusto dargli credito e sottolineare questa posizione: sacrificarsi per il proprio bambino non è una decisione grossolana e arrendevole. Hanno valutato passo passo, ascoltando i medici e negoziando le cure che potessero aiutare lei senza aggredire il soggetto più indifeso. Questo è rimasto un principio indiscutibile e in nome di quello Azzurra ha accettato solo farmaci più blandi e ha puntato all’obiettivo della trentaduesima settimana, età gestazionale prematura ma sufficiente a offrire al piccolo Antonio una nascita relativamente sicura. È nato il 2 Agosto, questo bimbo che sembra essere segnato dalla misericordia in ogni sua cellula.
Subito dopo Azzurra Carnelos ha iniziato i cicli chemioterapici, purtroppo non sufficienti a ottenerle una seconda remissione del tumore. Le hanno però donato la possibilità di vivere con il marito e il figlio per otto mesi e mezzo, attraversando dolori e grandi difficoltà, ma pur sempre nella gioia di averlo conosciuto e averlo protetto quando il suo corpo era l’unico scudo e la sola fonte di nutrimento. Ha fatto in tempo a sentirsi chiamare “mamma”, una tappa che ha sempre del miracoloso (effetto che perde quando questo appellativo viene ripetuto ossessivamente e per qualsiasi tipo di richiesta, fino ai vent’anni inoltrati).
«La vita va difesa, lo diceva spesso mentre premeva al petto il suo corpicino», racconta Francesco che aggiunge come abbiano vissuto tutto insieme, sostenendosi l’un l’altra e prendendo decisioni condivise. Le ultime settimane le hanno trascorse ideando un piano per crescere Antonio. «Io cambierò lavoro e starò vicino a nostro figlio. Così il suo sacrificio non sarà stato vano», conclude. Nemmeno il suo sacrificio di padre e marito capace di accompagnare la moglie in una scalata tanto impegnativa resterà senza frutto.
Ci auguriamo che in molti si stringano a lui e al piccolo e mettano in campo la stessa intelligenza pratica e piena di speranza che i due sposi hanno dimostrato fino all’ultimo. Azzurra avrebbe compiuto 34 anni giovedì, domani pomeriggio, invece, saranno celebrati i suoi funerali nel duomo di Oderzo, la loro cittadina in provincia di Treviso. Possiamo essere certi che continuerà ad occuparsi del bene di suo figlio e di suo marito anche adesso, di più ancora. Ora la vita da far nascere e da difendere da possibili veleni è quella eterna. (Fonte foto: Facebook, Fre’ Servizi Funebri)
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