Da un’idea di don Samuele Pinna ha preso vita “Dietro le quinte”, una rubrica senza periodicità che vuole incontrare quei personaggi importanti che lavorano per il bene e non sempre appaiono in prima fila, ma appunto sono spesso “dietro le quinte”. Oggi don Pinna incontra il professor Vittorio Possenti
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Ho la fortuna di frequentare da qualche anno il professor Vittorio Possenti, già docente ordinario di Filosofia politica presso l’Università Cà Foscari di Venezia e tra i massimi pensatori viventi. L’istanza filosofica proposta da san Tommaso d’Aquino e recuperata nel XX secolo da Jacques Maritain gli fecero intuire le possibilità speculative e liberanti incluse nella metafisica dell’essere e nella rivelazione cristiana. Non posso che chiedere subito il rapporto tra fede e ragione: «Guardando all’oggi e al posto immenso che occupa la scienza nella vita di tutti, risulta importante comprendere che la scienza non può rispondere a tutte le domande della persona umana. Entra qui in causa il rapporto tra fede e ragione, che sono le due ali con cui noi ci innalziamo alla conoscenza della verità. Così si esprime l’enciclica Fides et Ratio di san Giovanni Paolo II (1998). Esse possono collaborare: lo sguardo della ragione può entrare nella comprensione della fede senza adulterarla, mentre l’energia della fede che nasce dalla Rivelazione può abitare nella ragione senza rischio per quest’ultima. Anzi può dischiuderle orizzonti nuovi e offrirle qualcosa di grande. Incontrando la filosofia, la Rivelazione la provoca a essere se stessa e a raggiungere la pienezza. Il pensiero cristiano e la cultura cristiana sono caratterizzati dal fatto di non mettere da parte la fede, ma di pensare nella fede».
Scruto il cattedratico: serio, pacato, preciso in ogni termine usato e capace di risolvere anche le quaestiones più difficili e complesse. Individuo nel tema della verità la grande problematica odierna e domando se sia ancora valida la definizione che ne ha dato l’Angelico: «Quella di san Tommaso, come di molti altri (la verità è la conformità tra il pensiero e la realtà), è classica e risulta impossibile aggirarla. Il senso comune che vive in ciascuno di noi, se non è pervertito da sofismi, comprende che la verità e conformare il nostro giudizio alla realtà delle cose. L’uomo non può vivere senza la verità e l’aspirazione al vero. Per un’irresistibile inclinazione che vive in ogni essere umano, noi tutti desideriamo conoscere e conoscere la verità. Anche il criminale più incallito non sopporta che gli si dicano notizie false; nessuno desidera essere ingannato. Esiste dunque una disparità significativa: noi possiamo desiderare di ingannare l’altro, ma non sopportiamo di essere ingannati per mezzo di affermazioni sbagliate. Si dice che viviamo nell’epoca della post-verità (o anche della non-verità), nel senso che i media e i social sono un vulcano che erutta ogni genere di idee, quasi invitandoci a lasciar da parte i fatti obiettivi per correre dietro a emozioni di ogni genere che destabilizzano l’equilibrio psicologico e intellettuale di molti. Avvolti da una nuvola di notizie ambivalenti, siamo meno capaci di mantenere una via diritta e di cooperare: mettere in giro informazioni false nuoce gravemente alla vita sociale, scatena passioni e divisioni sino al punto da rendere impossibile vivere in comune. In senso generale ogni uomo è chiamato a rendere testimonianza alla verità, e ciò vale in special modo per il credente. Cristo è la via, la verità e la vita. Dobbiamo dare testimonianza alla verità, facendo la verità nell’amore agapico e con l’amore agapico (veritatem facientes in caritate)».
Si rimane affascinati sentendo l’argomentare chiaro e preciso dello studioso di lungo corso di fronte a me. Avverto la necessità di rilanciare la questione. La verità è quindi il fondamento della vita? «Sì. Non di solo pane vive l’uomo, ma anche di verità e valori. Non possiamo concederci il lusso del relativismo, o addirittura della “dittatura del relativismo”. La forma estrema del relativismo afferma la relatività non solo della conoscenza, ma di tutti i valori fondamentali della vita umana, di modo che non sarebbe più possibile distinguere tra bene e male, una cosa varrebbe l’altra, affermazioni opposte potrebbero essere ugualmente valide, e non si darebbe niente di universale e di irrinunciabile. Una cultura che non è in grado di giustificare alcuna norma morale rende particolarmente difficoltoso il compito educativo: che senso ha educare se non vi sono verità ferme e valori stabili? Se la distinzione fra bene e male diventa oscillante? La grave crisi dell’educazione in Occidente, che erode le sue stesse radici, nasce da qui».
Si evince, così, un tema collegato alla verità, ossia quello della libertà: come può essere a sua volta definita? E che rapporto c’è tra verità e libertà? «L’uomo è penetrato dalla questione della libertà e dal suo delicato rapporto con la verità: che cos’e la libertà e domanda altrettanto importante che chiedere che cos’e la verità. Noi nasciamo liberi per natura, la libertà è intrinseca al nostro essere, ma la vera libertà va conquistata lungo un’intera vita. Vi sono due forme fondamentali di libertà: quella di scelta o libero arbitrio e quella di liberazione. La prima è un equipaggiamento di natura, un dono di Dio all’uomo che nasce libero e capace di scelta. La seconda è una libertà di affrancamento dai mali della condizione umana: miseria, malattia, ignoranza, tirannia, per giungere a un compimento di se stessi e a una pacifica convivenza tra gli esseri mani. Come noi siamo chiamati a fare la verità con e nella carità (veritatem facientes in caritate), e altrettanto vero che nel nesso tra libertà e verità l’esercizio della libertà sia condotto secondo verità (libertatem facientes in veritate). La verità orienta e pone un limite alla libertà: questa non consiste nel fare ciò che si vuole, ma nell’orientarsi verso il bene e il giusto. Si può anzi dire di più. Gesù ha insegnato che “la verità vi farà liberi”, non invece che la libertà ci farà veri. Dio non è un ostacolo per la libertà umana, ma la indirizza verso il bene e l’amore. Non è volgendo la libertà di scelta in qualsiasi direzione che l’uomo diventerà più uomo. Ciò induce a riflettere intensamente su ciò che accade da tempo in Occidente, dove i diritti e le pretese di libertà dell’individuo autocentrato sono posti al di sopra di ogni altro diritto. L’io si erge avanzando molte pretese, come se ciascuno di noi fosse un’isola».
Mi avvedo che la libertà è parte essenziale dell’uomo e rinvia al concetto di “natura”. Mai come nel contesto attuale vi è una virulenta avversione a parlarne, quasi che si possa ridurre la natura alla sola sfera biologica. Interrogo: è così o c’è di più? «Questa domanda esige un chiarimento importante, in quanto la nozione di natura e di natura umana sono delicate e largamente fraintese. Non c’è problema tanto accanitamente discusso, poi dimenticato e nuovamente ripreso come quello di natura (e di natura umana); ciò accade in quanto esse sono nozioni ambivalenti che vanno preliminarmente chiarite. Il naturalismo positivistico oggi prevalente limita la natura umana a natura fisica, facendosi portavoce della tesi materialistica secondo cui l’essere umano è nient’altro che corpo vivente, di cui si occupano le scienze della vita (biologia, genetica, medicina) e le neuroscienze. La persona è un prodotto evolutivo a base biologica. Altri ritengono che l’idea di natura umana sia culturale, forse nient’altro che un costrutto sociale, e che di conseguenza dipenda solo dalle scelte e dai valori degli individui e dei gruppi. La natura umana si fa, diviene; ed è l’uomo che se la fa, che se la crea modificandola col suo agire. Chi ha ragione? Nessuno dei due, e il motivo ne è che, come appena accennato, il termine natura è polivalente e ospita differenti significati. Mancando spesso ogni tentativo di determinarne il concetto nei suoi significati fondamentali, ne segue che esso è abbandonato ad ampie e incontrollate oscillazioni: volta a volta può significare la natura come physis, il cosmo come lo conosciamo, oppure – il che è ben diverso – la natura umana o l’essenza umana. Il concetto di natura umana è malinteso, perché si ritiene che la natura sia solo quella biologica. Ma una cosa è la natura come l’universo in cui viviamo, un’altra è la natura o l’essenza umana. L’essere umano, ossia la persona, appartiene indubbiamente alla natura fisica ma non con tutto se stesso, ossia emerge al di sopra di essa con il pensiero e la libertà. In breve la nozione di natura umana non può essere ricondotta solo alla sua natura biologica, al DNA e alla genetica».
Incalzo: a cosa rimanda, allora, la natura umana? «I termini di “natura umana” o di “essenza umana” riguardano tutto ciò che è tipicamente proprio, o appunto essenziale, della nostra specie; esprimono la struttura caratteristica che è presente in ciascuno di noi. Trovandomi dinanzi a un essere umano e a un gatto percepisco senza difficolta che mi si presentano due viventi profondamente diversi, due strutture fondamentali della vita altamente differenziate. In altri termini incontro due specie con proprietà essenziali diverse. Riflettendo vedo inoltre che la persona umana è dotata di una facoltà di deliberare di se stessa, di tendere a un compimento della propria natura che chiamiamo libertà. Il concetto di natura umana non è un postulato a priori; è invece una nozione reale che viene formata in rapporto all’esistenza». Deduco: la natura umana esiste in ciascuno di noi: «Sì – sono confermato dal filosofo di fama –, ed è per giunta stabile. Ciò significa che nei suoi tratti essenziali e di base essa non muta attraverso il tempo e le culture, rimanendo riconoscibile da una serie di caratteri che la connotano ovunque: il possesso di ragione/intelletto, il linguaggio, la capacita di astrarre e di elaborare concetti tanto speculativi quanto morali, e quella di assumere decisioni, di effettuare scelte tra corsi di azione differenti, di elaborare l’idea di giusto e ingiusto, di dare origine all’arte, alla musica, alla raffigurazione pittorica, alla matematica, di pregare, di operare un ritorno della mente su se stessa (autoriflessione) e così via. Tutto ciò è proprio di una natura intellettuale (o spirituale) impregnata sì di vita biologica sin dall’inizio, ma per nulla riducibile solo a quest’ultima». Questi discorsi che potrebbero apparire astratti dicono invece scelte che le società realizzano a partire dal modo in cui concepiscono l’umano. Da qui, non posso esimermi da chiedere cosa significa “vivere secondo natura”: «Vivere secondo natura (kata physin) equivale per gli antichi a vivere secondo ragione (kata logon): dobbiamo operare conformemente alla ragione e ai suoi fini, compresi quelli più alti. La persona si mostra come forza dinamica abitata da inclinazioni fondamentali tra cui l’orientamento del volere verso la felicita e il bene. In tal senso la natura umana appare come un dinamismo che scaturisce dalle nostre profondità».
Saluto con affetto – grato sia per la sua amicizia sia per la possibilità di attingere al suo sapere – il professor Vittorio Possenti avendo trovato una sintesi dalle cose imparate da lui. è una massima, ma anche un augurio: raggiungi la perfezione cui è indirizzata la tua natura umana.
(Immagine screen shot Youtube)
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