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La predica corta della domenica #2 – Cosa significa stare in preghiera?
NEWS 9 Gennaio 2022    di don Francesco Capolupo

La predica corta della domenica #2 – Cosa significa stare in preghiera?

Battesimo del Signore 09/01/2022

Commento al Vangelo Lc 3,15-16.21-22

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».

Tutti i vangeli ricordano questo evento posto all’inizio del ministero di Gesù, e ciascuno lo narra in maniera propria e particolare; vorrei, quindi, sottolineare un aspetto importante dell’atteggiamento di Gesù che troviamo nella versione di Luca che ci propone la Liturgia odierna.

Giovanni il Battista aveva annunciato il Messia come più forte di lui, che avrebbe battezzato il Suo popolo non nelle acque del Giordano ma in Spirito Santo e fuoco.

Tuttavia questo Messia, che è discepolo di Giovanni e porta il nome non ancora famoso di Gesù, va anche lui a farsi battezzare. Luca sottolinea che egli fa questo insieme a tutto il popolo, ponendo l’accento sul popolo radunato da colui che evangelizzava, cioè annunciava la buona notizia.

E’ il primo gesto della vita pubblica di Gesù: non una predicazione, non un miracolo ma un gesto umano di sottomissione a Dio e di vicinanza con i fratelli peccatori, pur essendo Egli senza peccato.

Vorrei, però, sottolineare ciò che accade a Gesù, ciò che diventa sua esperienza personale e diretta nell’atto del Battesimo. A differenza degli altri vangeli, Luca ci dice che Gesù riceve il battesimo e si mette in preghiera, cioè invoca il Padre. Cosa significa, dunque, pregare? Ce lo rivela la stessa pagina del Vangelo: “Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo”.

Fare silenzio, fare spazio dentro di sé allo Spirito di Dio per accogliere ciò che Dio vuole dirci e che lo Spirito stesso fa risuonare in noi.

Gesù ci insegna un metodo, anticipando ciò che avverrà per la prima comunità dei discepoli, dopo la sua resurrezione, quando resterà in preghiera, farà spazio allo Spirito e riceverà lo Spirito stesso come dono, come è descritto negli Atti degli Apostoli.

Per questa ragione Gesù, secondo Luca, parlando della preghiera e su come venga esaudita da Dio ci dice: “Se voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito santo a quelli che glielo chiedono”.

Gesù dunque si fa battezzare da Giovanni ma soprattutto prega, dispone che tutto il suo essere si apra a dimora dello Spirito Santo, che vede scendere dal cielo sotto forma di colomba per prendere dimora in Lui.

I cieli si aprono per questa discesa da Dio dello Spirito e, con lo Spirito, ecco risuonare la parola rivolta a Gesù: “Tu!”. “Tu sei mio Figlio….” sono parole che rimandano al Salmo 2, accompagnate da tutta la gioia del Padre nel pronunciarle: “l’Amato, in te ho posto il mio compiacimento”, la gioia di Dio che sceglie il suo Servo.

Essere servo di Dio vuol dire rispondere alla gioia del Padre, ossia compiere il suo disegno che è un disegno di bene su ciascuno di noi, noi che siamo sempre dubbiosi del suo amore, sempre carichi di pregiudizio nei confronti dei fratelli, sempre convinti che la realtà ci imbrogli, ma che non sostiamo mai in silenzio chiedendo di essere abitati dallo Spirito di Dio.


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