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La predica corta della domenica – C’è una Parola che salva
NEWS 1 Gennaio 2023    di don Francesco Capolupo

La predica corta della domenica – C’è una Parola che salva

Domenica 1 Gennaio 2023 – Solennità di Maria Santissima Madre di Dio

Commento al Vangelo Lc 2, 16-21

In occasione della solennità di Maria Santissima Madre di Dio, la Chiesa celebra la giornata di preghiera per la pace, quella vera che scaturisce dall’incontro e dall’appartenenza con il Dio della vita che entra nella storia dell’umanità perché la pace sia il frutto di una riconciliazione e non, come ci indica spesso l’odierno “pacifismo” un vago sentimento che più che spingere alla Verità ci coccola nel quieto vivere senza discernimento. Dobbiamo guarire da questa malattia del nostro tempo, questa sorta di accidia spirituale che tutto indebolisce e appiattisce.

Così la liturgia ci dona ancora, all’inizio dell’anno, il vangelo di Luca, l’evangelista medico ed il suo vangelo è realmente una terapia: la Parola che guarisce dalla menzogna, la Parola che ci ridona la Verità dell’essere figli di Dio, una Parola che ci consente una divina Logoterapia, perché ciascuno di noi diventi quella Parola che ascolta. Siamo in chiusura dell’ottava di Natale e celebriamo la Santa Vergine quale madre di Dio, colei che ha dato il suo corpo perché la Parola diventasse carne, perché il grido del popolo di Israele come il grido del cuore di ogni uomo trovasse nella persona di Cristo la dolce consolazione.

A Natale il testo del vangelo di Luca ci ha narrato come avvenne la nascita di Gesù a Betlemme e come questo evento fu rivelato ai pastori che quella notte vegliavano sui loro greggi. Quei pastori, che non hanno ascoltato passivamente l’annuncio dell’angelo, si mettono in cammino per verificare ciò che hanno udito. Senza inutili tentennamenti partono e trovano conferma di quell’umile segno comunicato loro dall’angelo: “Maria, Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia”. Avendo constatato la veridicità dell’annuncio, diventano essi stessi annunciatori perché proclamano, annunciano che quel bambino è il Salvatore, il Messia, il Signore: tutto questo in un’umanità reale, nella debolezza di un neonato che giace in una mangiatoia di una stalla della campagna di Betlemme.

Il Vangelo, la Parola che salva, sta compiendo la sua terapia sulla terra e i pastori che fanno ritorno alle loro case compiono le stesse gesta degli angeli, quando li avevano visitati nella notte: “glorificavano e lodavano Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro”. Il brano prosegue raccontando ciò che accade per ogni figlio nella discendenza di Abramo: al compimento dell’ottavo giorno dalla nascita, il bambino viene circonciso, cioè riceve nella carne del proprio corpo un taglio indelebile, che testimonia l’essere in alleanza con Dio. La circoncisione è il segno dell’alleanza, un segno permanente nella carne, quella carne che Gesù offrirà per la nostra salvezza è il segno concreto del senso di quel Verbo, quella Parola che entra nel mondo.

Il logos, la parola, in greco significa anche “il senso”. Ma questo senso non è semplicemente un’idea generica che si introduce nel mondo ma qualcosa che ci conosce, ci chiama, ci guida. Maria che è Madre di Dio, infatti, ci ricorda che non si tratta solo di un’idea, quella che Dio è la pienezza della luce, ma di una realtà per noi uomini già realizzata e sempre attuale: oggi, come allora, Dio si rivela nella carne, cioè nel “corpo vivo” della Chiesa peregrinante nel tempo, e nei Sacramenti ci dona oggi la salvezza.

La centralità di Maria consiste proprio nel suo donare la corporeità di Gesù, nel dare un nome alla Parola che si fa carne come afferma il Vangelo odierno: “Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo”. Nome che è la sua vocazione, Jeshu‘a, “il Signore salva”. È il Nome datogli dall’angelo nel momento del concepimento da parte di Maria, nome che esprime la missione di Gesù. Quel neonato salva Israele e le genti della terra, sana le nostre ferite, dona senso alle nostre esistenze, si fa cibo nella mangiatoia per la salvezza dell’anima, si fa storia della salvezza perché pacifica le storie di ciascuno di noi, una dolce e amorevole terapia che non possiamo perdere nel vuoto frastuono del nostro tempo.