venerdì 26 aprile 2024
  • 0
La predica corta della domenica – Il grido che fa ancora rumore
NEWS 4 Dicembre 2022    di don Francesco Di Nucci

La predica corta della domenica – Il grido che fa ancora rumore

Varcato il portale dell’Avvento, continuiamo il nostro pellegrinaggio in questo cammino che ci conduce all’incontro con il Signore. Dovremmo chiederci se la grazia dell’Avvento che stiamo vivendo sia tempo di cammino o tempo di attesa e a una lettura attenta occorre riconoscere che le due cose non sono dissociate: attendiamo il Signore che viene e camminiamo nell’attesa della Sua venuta.

In questa seconda domenica vediamo il deserto della Giudea affollarsi di volti e di voci, il Battista fa da battistrada al Signore che sta per venire, in lui si danno convegno tutti i profeti dell’Antico Testamento che avevano vissuto con lo sguardo e l’indice puntati verso la salvezza.

Giovanni fa sentire la sua voce: “Convertitevi, perché il Regno di Dio è vicino”! È possibile gridare nel deserto dove regna il silenzio e nessuno ci ascolta? È proponibile alzare la voce nel deserto delle nostre città dove tutti corrono parlando al cellulare, con la musica nelle orecchie e facendo più cose contemporaneamente? Il deserto di Giudea è aspro e solitario e si popola di ascoltatori, il nostro è affollato di gente e di messaggi che nessuno ascolta. Il deserto è terra di passaggio, di pericolo, di grandi incontri nella storia di Israele, di tentazioni e di imprese, di incredulità e di fede, di fuga e di speranza e in questo deserto/silenzio, crocevia della storia e della salvezza, siamo chiamati a entrare anche noi in questa domenica.

Abbiamo bisogno di fare silenzio, di abbassare i toni, di “fare deserto” e iniziare ad ascoltare; siamo chiamati a entrare nel santuario del silenzio; siamo chiamati a un’ascesi di silenzio in casa, a scuola, sul lavoro, nelle nostre chiese intasate di chiacchiere, di parole che soffocano la Parola. Come è possibile ascoltare la Parola quando tutti parlano e gridano in un profluvio di decibel senza risparmio?

Nel silenzio che si fa grembo ascoltiamo un annuncio, c’è da prepararsi ad un’accoglienza, il Regno incombe, la Parola ci raggiunge. E come al sussurro di una moglie che dolcemente annuncia al suo marito “Aspettiamo un bambino…”, anche noi siamo chiamati alla gioia del cambiamento, a ricalcolare le nostre esistenze, a cambiare rotta, a cambiare vita, perché una vita nuova, quella di Dio, sta per essere donata a ogni uomo.

L’annuncio dell’arrivo di un bambino innesca una serie di processi virtuosi che prevedono tenerezza, sguardi luminosi, preparativi di corredi, parole, silenzi, domande, ricerche sul nome, esami da fare, nausee da sopportare, potenziamento dei sensi sui suoni, sugli odori, sui sapori…, insomma una rivoluzione che investe la coppia, i singoli, la casa, i pensieri. Questo processo virtuoso e non virtuale dovrebbe innescarsi anche in noi nel cammino verso il Natale del Signore. La nascita di un bambino, dall’annuncio al parto, comporta una rivoluzione nella coppia che si mette in attesa, comincia a fare spazio nei pensieri, nel cuore, nella casa, (che ricevono un nuovo assetto) nello sguardo sul futuro e sul mondo.

Questa fenomenologia dell’attesa è presente in noi? È presente nelle nostre Comunità? È presente nella Chiesa?

Questo tempo di attesa è tempo di conversione e di adesione al Vangelo, di rinnovato vigore nella fede, di riorganizzazione delle nostre vite intorno a un nuovo centro. Chi aspetta un bambino è gettato in nuovo ordine di valori che non vede se stesso al centro, ma l’atteso che già dolcemente chiede attenzione e amore.

Se l’annuncio del Regno, della Parola, del Signore non genera in noi questi sentimenti rischiamo che il Natale si riduca a una spolverata di neve sulla carta-montagna del presepe o di zucchero sul pandoro, ed è per questo che il grido del Battista, attraversando duemila anni di storia, giunge fino a noi. Non c’è allora tempo da perdere se il Regno è vicino, se il Signore è alle porte, se la salvezza è più vicina ora “di quando diventammo credenti”.

In un tempo in cui le culle, a motivo della denatalità, rischiano di diventare oggetti da museo, anche il Natale cristiano è ad alto rischio per chi non abbia la capacità di fare deserto, di fare silenzio, di fare spazio per Colui che ha scelto di abitare con noi.

Sia lodato Gesù Cristo!


Potrebbe interessarti anche