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La profezia di Sorokin sugli effetti geopolitici della rivoluzione sessuale americana
NEWS 24 Marzo 2022    di Redazione

La profezia di Sorokin sugli effetti geopolitici della rivoluzione sessuale americana

The American Sex Revolution alla sua apparizione nel 1956 ebbe una vasta eco di pubblico, si tratta di un’opera nella quale si descrivono le conseguenze pericolose della ‘sex obsession’ e della ‘sex anarchy’, che avevano colto la vita, la cultura, i valori americani del secondo dopoguerra. «Il libro – dice l’autore – individua le principali manifestazioni di questa ossessione e di questa anarchia e i suoi effetti distruttivi sul benessere fisico, mentale, morale e sociale degli individui e delle nazioni colpite da questa autentica malattia». L’autore è Pitirim Aleksandrovič Sorokin (1889-1968) sociologo russo, naturalizzato statunitense nel 1930. Studiò all’Università di San Pietroburgo, fu membro dell’Assemblea costituente dopo la rivoluzione sovietica e segretario di Kerenskij, nel 1923 fu costretto a lasciare l’Unione Sovietica per la sua opposizione al bolscevismo. Trasferitosi negli Stati Uniti, insegnò in diverse università.

Per gentile concessione dell’editore Cantagalli pubblichiamo uno stralcio di Pitrim A. Sorokin, La rivoluzione sessuale americana, pag. 264, € 18,00, a cura di L. Allodi

di Pitrim A. Sorokin

Nei campi della religione e della teologia, noi americani non abbiamo neppur un piccolo simulacro di un Confucio, Lao-Tze, Buddha, Mosè, Isaia, San Paolo, Sant’Agostino, Scoto Eriugena, Meister Eckhart, Alberto Magno, San Tommaso d’Aquino, Nicolò Cusano, Lutero, Calvino, Maometto, Al Hallaj o Al Ghazzali. Non abbiamo a disposizione quasi nessun pensatore religioso e attivista della statura di leader di tempi più recenti quali Fox, Wesley, Francesco di Sales, Ramakrishna, Vivekananda, Serafino di Sarov, Sri Aurobindo, M. Gandhi o anche della statura dei primi leader americani come Johnathan Edwards, Roger Williams, Penn, Woolman, F. D. Pastorius, W. E. Channing, Brigham Young, Mary Baker Eddy e altri.

Abbiamo membri efficienti della gerarchia ecclesiastica, capaci professori di teologia, oratori evangelici sensazionali, scrittori di successo di best-seller religiosi, predicatori e ministri industriosi e alla fine schiere e fila di sinceri credenti. Tutti questi possono onestamente assolvere i loro doveri e coscienziosamente compiere la loro missione religiosa. Ma né un significativo nuovo sistema di teologia, né un trattato religioso di importanza durevole e nemmeno una filosofia religiosa universale sono stati creati in tempi recenti negli Stati Uniti. Similmente, nessun profeta carismatico, veggente o santo è emerso. Per quanto riguarda i sensazionali predicatori che producono conversioni di massa, il loro successo è più apparente che reale; se attentamente studiate, molte di queste conversioni appaiono superficiali […]

La religione stessa è spesso degradata a un livello di “farmacologia” che produce e vende pillole spirituali. Il valore e la raison d’être sono perciò spesso ridotti a utilità materiali e piaceri edonistici. Non è migliore la situazione nel campo della creatività filosofica. […] Ancora più pericolosa è la mancanza di creatività morale nella nostra nazione. […]

Fianco a fianco a questa indebolita creatività morale, il nostro tempo ha promosso una tendenza verso il relativismo e l’atomismo dei grandi valori morali dell’umanità. Guidati da molti presunti studiosi, ci siamo progressivamente convinti che i valori morali siano mere convenzioni, diversi nelle diverse società e cangianti nel tempo. Come tali, non li pensiamo come sacri e universali; piuttosto, sentiamo che essi, come ogni convenzione, possono essere cambiati e adattati ai particolari interessi e desideri di una persona o di un gruppo. Ci è stato detto e ripetuto che tutti gli standard morali sono mere razionalizzazioni, derivazioni e abbellenti ideologie che nascondono i veri interessi egoistici, di denaro e altre forme di concupiscenza. Nel nome della scienza, questi falsi profeti vogliono convincerci che tutti gli imperativi morali non sono altro che cipria e belletto per nascondere un corpo sociale non attraente. Come tali, essi non hanno nessuna santità o interna autorità. Ognuno può trasgredirli e cambiarli per adattarli ai suoi piaceri.

Di conseguenza, tutti i valori morali sono stati relativizzati e atomizzati fino a una misura in cui, al tempo presente, in questo paese difficilmente vi è un qualsiasi requisito che sia equamente e pienamente accettato da ricchi e poveri, da sindacati e imprenditori, da cattolici, protestanti ed ebrei. E dal momento che i valori morali hanno perso la loro universalità e la loro autorità, si è aperta la strada per la mera forza, assistita dalla frode e dalla ipocrisia, per controllare gli affari umani e per decidere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. In questo senso, si è affermata l’accettazione simultanea dell’idea secondo cui “la forza è il diritto” o che “qualsiasi cosa è permessa, se puoi farla franca”. Da qui l’esplosione delle guerre mondiali, delle rivoluzioni senza fine, di una crescente ondata di criminalità e di anarchia. E pure le innumerevoli tensioni e i conflitti tra individui e tra gruppi. Infatti, essendoci liberati dalle “superstizioni” della moralità, siamo ora adoratori della forza. Crediamo che solo attraverso la forza o una pressione di qualche tipo i conflitti internazionali e nazionali possano essere risolti. Non esitiamo a usare, quando ci sembra pratico, la mera forza per la promozione delle nostre politiche e così agiscono e credono anche i nostri nemici.

Nessuna sorpresa, allora, che le nostre guerre diventino più grandi, più sanguinarie e più disumane. Senza rimorso, i capi del mondo hanno già accettato come supremo comandamento morale e come linea politica: «Tu colpirai per primo e ucciderai il maggior numero possibile di bambini, donne e non combattenti; se ti sarà possibile, più ne ucciderai meglio sarà! Senza esitazione userai mezzi di distruzione atomici, all’idrogeno e batteriologici per lo sterminio di chi si oppone a te! Maggiori sono le uccisioni, più grande è la devastazione, più gloriosa è la vittoria! ». L’esito finale di questa nuova moralità è l’ironico fatto che questo supremo imperativo è spesso dichiarato in nome di Dio, di Gesù, della Cristianità, della civilizzazione, della decenza morale e della salvezza dell’umanità. In questo modo, tutta l’umanità è stata portata sull’orlo della catastrofe finale ed è in trepida attesa di sapere se, e quando, i suoi capi la getteranno oltre il limite, nel vortice infernale di morte gloriosa e di oblio.[…]


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