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La scelta di Macron per obbligo vaccinale divide Italia e Europa
NEWS 15 Luglio 2021    di Giuliano Guzzo

La scelta di Macron per obbligo vaccinale divide Italia e Europa

Tutto si può dire del Presidente francese, fuorché non parli chiaro. Sì, perché Emmanuel Macron è stato decisamente netto nell’annunciare, nelle scorse ore, una svolta vaccinale pesante nel suo Paese dove, da metà settembre, gli operatori sanitari che non si sono vaccinati, a fine mese, non riceveranno più lo stipendio. Non solo. Da fine luglio, in Francia, senza vaccinazione non si potrà più entrare in bar, ristoranti, teatri, centri commerciali, aerei, pullman, treni. Una stretta che, come prevedibile, ha sollevato un forte dibattito anzitutto a livello europeo. Lo provano in modo chiaro le parole della cancelliera tedesca, Angela Merkel, la quale si è apertamente smarcata dalla linea macroniana: «Non intendiamo seguire questa strada, siamo all’inizio della fase in cui stiamo ancora promuovendo la vaccinazione volontaria».

Anche in Italia la decisione francese sta facendo discutere, con il Pd e il centrosinistra che guardano con favore all’esempio d’Oltralpe mentre il centrodestra, Matteo Salvini e Giorgia Meloni in testa, che invece contestano quella che considerano una violazione della libertà personale. In effetti, un sostanziale obbligo vaccinale che andasse a creare suddivisioni tra cittadini che possono circolare e cittadini a cui tale diritto fosse precluso pare in conflitto con le stesse disposizioni europee. Il regolamento numero 953 del 14 giugno – quello che introduce il green pass – ha infatti stabilito che «è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate». Ebbene, si dà il caso che la linea dell’Eliseo sia proprio volta a realizzare una discriminazione «indiretta» e, perciò, inaccettabile.

Su questa linea vanno anche le riflessioni di Aldo Vitale, bioeticista e filosofo del diritto socio dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani e del Centro Studi Rosario Livatino, il quale ancora a gennaio, sulla rivista Diritto Mercato Tecnologia sollevava perplessità sull’obbligo vaccinale. «L’introduzione di passaporti o patenti immuno-sanitari», scriveva Vitale, «potrebbe costituire non soltanto una violazione dei diritti umani, ma potrebbe creare due distinte categorie di cittadini, cioè gli “immunizzati” e i “non immunizzati”, con due distinte categorie di protezione dei relativi diritti fondamentali, con evidenti ripercussioni sull’intero panorama della democrazia e dell’effettività dello stato di diritto, posto che proprio la salute – inizialmente bene da tutelare – diventerebbe uno strumento di vera e propria discriminazione legale secondo la riproposizione di una forma blanda, ma inequivoca di “selezione eugenetica” socialmente determinata».

Come se non bastasse, ci sono perfino voci dal mondo scientifico che guardano con scetticismo all’imposizione dei vaccini. Per esempio, quella di Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Microbiologia dell’Università di Padova, il quale, intervenendo ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” su Radio Cusano Campus, ha dichiarato: «Siamo a un passo da una nuova variante di coronavirus resistente ai vaccini. Già la variante Delta fa diminuire del 30% l’effetto del vaccino; sbagliato basare la lotta al Covid unicamente sui vaccini». «Con un virus che cambia velocemente come questo», ha aggiunto lo scienziato protagonista dell’ottima risposta del Veneto alla prima ondata Covid della primavera del 2020, «non abbiamo la capacità di aggiornare i vaccini stando al passo con le varianti. Per riformulare il vaccino ci vogliono un paio di mesi e per distribuirlo altri sei mesi, nel frattempo il virus ha galoppato».

Insomma, oltre che di dubbia legalità e legittimità, la scelta di un obbligo vaccinale de facto – come sarebbe quella di un green pass in assenza del quale non si potrebbe più fare nulla – rischia pure di risultare inutile ai fini del contrasto del contagio. Ecco che allora occorre pensarci bene, prima di imboccare a livello anche italiano una strada che non dà purtroppo alcuna garanzia se non una, che appare ben poco rassicurante: quella di essere discriminatoria. E così alla fine il politico ateniese Dracone potrebbe aver trovato il suo degno erede, e le misure un tempo definite draconiane per la loro rigidità totalitaria, oggi si scoprono d’emblée semplicemente macroniane.


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