domenica 5 maggio 2024
  • 0
La predica corta – La vocazione è sacrificio
NEWS 3 Settembre 2023    di don Sincero Mantelli

La predica corta – La vocazione è sacrificio

XXII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

Quando ci sentiamo intrappolati dentro una relazione, un legame che ci rapisce e ci inganna possiamo ripetere le parole di donna Elvira che nel don Giovanni di Mozart accusa il suo seduttore fraudolento: «In casa mia entri furtivamente. A forza d’arte, di giuramenti e di lusinghe arrivi a sedurre il cor mio; m’innamori, o crudele!». La stessa esperienza sembra vivere il profeta Geremia, chiamato da Dio a portare avanti una missione che gli appare sproporzionata. Il Signore gli chiede di parlare al suo popolo: deve gridare che il fedele Israele ha smarrito la sua strada. Per questo il popolo lo odia e lo deride, perché la sua parola è dura seppur piena di verità. E Geremia si sente lacerato, perché la via della verità diventa strada di croce per lui che porta il messaggio. Non vale per lui l’adagio “ambasciator non porta pena”.

Chi è chiamato ad annunciare a se stesso e agli altri la conversione deve anche partecipare alla ‘passione’, alla persecuzione che chi ascolta – senza volersi lasciare in nulla scalfire – scatena contro l’araldo del divino rimprovero. Ma Geremia sente anche di non potere, meglio di non voler rinunciare alla vocazione divina: vuole essere profeta crocifisso. In questo anticipa la Parola della Croce che Gesù è venuto a portare sulla terra come fuoco e spada a cui non ci si può sottrarre. Il primo a caricarsi di essa è proprio Lui, il maestro e Signore, che si fa servo. Servo degli uomini sordi e ingrati che solo di fronte al suo sangue possono sentirsi trafiggere il cuore e cominciare a guardare a Lui, unica fonte di nuovo amore e di vita santa.

Gesù non si ferma di fronte a nessuna protesta: annuncia la sua passione, rigetta chi vuole minare il suo intento. Non può rivelare l’amore infinito e gratuito di Dio se non offrendo se stesso in olocausto. Egli è la prima e santa vittima d’amore. Pietro non è più il discepolo che per primo lo segue, ma il satana che gli propone la tentazione di essere un salvatore che vuole cantare la vittoria senza combattere la battaglia. Non si possono disgiungere questi due volti dell’amore, della carità divina. Essa può solo lavare i piedi e donare il proprio corpo e sangue per la remissione dei peccati: senza questa strada non c’è la gioia del mattino di Pasqua.

E noi seguendo il Maestro – andando dietro a Lui, come Egli comanda a Pietro smarrito – possiamo vivere la nostra vocazione di figli del Padre solamente offrendo, cioè sacrificando, il nostro corpo, la nostra esistenza come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio. Bene ha espresso tutto ciò don Divo Barsotti, rivolgendosi al Papa e alla curia romana durante gli esercizi spirituali del 1971: «Dio ha scelto una volta per sempre di salvare il mondo attraverso la croce e l’umiltà, e chiunque crede di poterlo salvare attraverso altri mezzi, tradirà sempre prima o dopo, il suo sacerdozio e tradirà la speranza stessa degli uomini».


Potrebbe interessarti anche