Il dolore merita rispetto e silenzio. Utilizzando le parole del giudice Rosario Livatino, parole che il giudice beato aveva speso davanti a un cadavere, di fronte a una tragedia come quella di Giulia Cecchettin «chi ha fede, prega; chi non ce l’ha, tace!». Non si tratta di nascondere il dramma dei femminicidi, una realtà oscena, come tutte le violenze, ma di custodire il silenzio di fronte a un fatto terribile e alla sofferenza indicibile.
Invece, la macchina dei media, ovviamente, si è già avventata sul fatto di Giulia (e dell’ex fidanzato arrestato in Germania accusato di omicidio) rovistando dentro al dolore per esprimere giudizi che vanno oltre. Commenti che si spingono più in là del gesto vigliacco di chi ha ucciso Giulia, un gesto che non merita nessun commento se non di condanna assoluta, e mettono nel mirino il maschio. In particolare quello che sarebbe espressione del bieco “patriarcato” e in quanto tale colpevole di ogni nefandezza (peraltro un’eredità che a ben vedere, almeno osservando i numeri diffusi dall’Onu sui femminicidi in Europa, non sembra affatto una questione “meridionale” e “di familismo italico”, visto che Germania, Francia e Gran Bretagna, in questa tristissima classifica, ci precedono).
La segretaria del Pd Elly Schlein fin da subito ha chiesto di spingere per affrontare il problema: «Se non ci occuperemo di educazione al rispetto e all’affettività sin dalle scuole», ha detto Schlein, «non fermeremo mai questa mattanza». I commenti social di donne e uomini di spettacolo si sprecano. E tutti hanno ragione, in un continuo rimbalzo di slogan.
Il rispetto e la capacità di amare però non sono questioncelle che si imparano chissà dove. Sono cose serie che hanno a che fare con la virilità autentica e la femminilità forte, cose lontanissime dall’amore come solo sentimento e dal love is love. L’essere umano, uomo e donna, non nasce sapendo per istinto come fare sesso e organizzare i propri affetti, in qualche modo lo impara. E questa faccenda è tremendamente più difficile per i maschi che oggi vivono in una società «senza padri» e così produce uomini pieni di insicurezze e incapaci di gestire i propri desideri. Maschi che non sanno più il senso della parola sacrificio; perché è il padre che insegna il senso del limite, che indica virtù più alte per cui si può e si deve vivere.
Davanti al dolore, il silenzio e la preghiera. Davanti alla violenza, la legge. Ma se vogliamo educare all’affettività i nostri giovani chiediamoci dove sono finiti i padri, affogati in una società dei balocchi in cui tanti uomini e donne sembrano come Lucignolo alla fiera dei sentimenti: dediti al divertimento senza responsabilità.
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