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“L’angelo della scogliera”, la storia di Yukio Shige
NEWS 8 Febbraio 2022    di Federica Di Vito

“L’angelo della scogliera”, la storia di Yukio Shige

Un angelo in divisa. O forse dovremmo dire una divisa in pensione con un’altra missione. «Sono un semplice jinmei-kyujo , un salvatore di vite». Questa è la storia di Yukio Shige, un poliziotto giapponese in pensione di 77 anni, che ha scelto di dedicare la sua vita a impedire i suicidi. Shige vive a Tojinbo, nella prefettura di Fukui, uno dei luoghi con il tasso di suicidi più alto al mondo. In media, 24 persone qui si tolgono la vita ogni anno. Quest’anno ci sono già stati 34 morti. In numeri, è vicino solo ad Aokigahara, la cosiddetta “foresta suicida” del Giappone, sotto il Monte Fuji.

Durante la sua carriera da poliziotto non poche volte si è ritrovato di fronte a persone indebitate e pronte a suicidarsi. Questo l’ha spinto a scegliere di vivere la pensione pattugliando ogni giorno la scogliera insieme a due volontari, armati di solo binocolo. Se gli chiediamo quali mai possano essere le parole giuste per rivolgersi a una persona che intende togliersi la vita lui ci risponde “Konnichiwa”, che significa semplicemente “Ciao”. Così ha salvato fino ad ora 721 vite. Shige non opera da solo, ma è alla guida di un’organizzazione senza scopo di lucro (NPO) di volontari perlopiù giovani.

Certo, a quel “Ciao”, quest’associazione non manca di far seguire azioni concrete. «Se non hai soldi, te li darò. Se non hai un posto dove stare, mi occuperò dei tuoi problemi», persino quando Shige operava da solo cercava di non mancare alla parola data – nei primi cinque anni ha speso di tasca propria qualcosa come 30.000 dollari (ora anche il governo ha iniziato a sostenere la sua ONLUS). Dà vitto e alloggio e, quando può, anche un lavoro. «Tutti pensano che nell’appartamento in cui vivono insieme questi individui siano a rischio, prima o poi qualcuno troverà il modo di farla finita. Ma in 18 anni nessuno ha mai provato a togliersi la vita», così risponde a chi è scettico rispetto al suo approccio.

C’è poi un dettaglio che Shinge ci tiene a raccontare, riferendosi al momento in cui riescono a parlare con più persone, «È sufficiente che il tempo sia buono, di solito tra le 20:00 e la mezzanotte. Nessuno finisce le proprie giornate con la pioggia o il tempo nuvoloso». Quello che vuole dirci è che in realtà nessuno sceglie di morire, ci si ritrova soli a vivere il proprio inferno. Ma lo scenario soleggiato che viene scelto per non tornare più indietro indica quanto l’ultima cosa a essere ricercata è sempre la bellezza. È sempre l’Amore. E sappiamo essere una la bellezza specchio dell’Amore al quale il cuore dell’uomo aspira.

Se mettiamo insieme un saluto, aiuti concreti e la possibilità di convivialità, allora sì che il quadro si fa più chiaro. Perché è proprio quello che manca: la possibilità di essere guardati, accolti, amati. Sempre uno è lo sguardo che davvero ci fa sentire amati, unici, custoditi. Quell’unico sguardo si serve di tante persone, di situazioni singolari e luoghi specifici. È lì, si fa trovare anche su quella scogliera.


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