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«L’Apostolo»: un film su cosa comporta convertirsi dall’islam al cristianesimo, che non vedrete in Italia
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22 Agosto 2014

«L’Apostolo»: un film su cosa comporta convertirsi dall’islam al cristianesimo, che non vedrete in Italia

Cheyenne Carron è una giovane regista francese, con alle spalle un vissuto travagliato – abbandonata all’età di tre anni è cresciuta in una famiglia affidataria. La scorsa notte di Pasqua ha ricevuto il battesimo.

Il suo ultimo lungometraggio, «L'Apôtre» – premio speciale al Festival Internazionale del Film Cattolico “Mirabile Dictu” – nasce come quelli precedenti da un’esperienza autobiografica: quella di un sacerdote francese la cui sorella, amica della regista, venne uccisa da un giovane maghrebino, vicino di casa. Un trauma di fronte al quale il sacerdote non indietreggiò,  continuando la sua presenza nel quartiere, il suo dialogo con la comunità maghrebina e con la famiglia dell’assassino, testimoniando la forza del perdono cristiano.

Questa vicenda è presente anche nella trama del film, dove l’esempio del sacerdote finisce per toccare il cuore di un giovane musulmano, Akim, destinato a diventare insieme al fratello Youssef un imam.

Akim che deve fronteggiare però una reazione durissima, in particolare da parte del fratello. E sperimenta così il dramma della libertà religiosa all’interno del suo mondo. Ovvero, come dice in una scena a uno della famiglia: «Perché i cristiani accettano i loro fratelli che si convertono all’islam mentre i musulmani non possono accettare coloro che si convertono a Cristo?».

Un film scabro, coraggioso e di grande attualità. Arriverà mai in Italia?

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