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L’«atomica» di Giovanni Paolo II e il ruolo di un grande fisico italiano
NEWS 5 Ottobre 2023    di Francesco Agnoli

L’«atomica» di Giovanni Paolo II e il ruolo di un grande fisico italiano

Chi studia gli ultimi anni della guerra fredda, si accorgerà che ha fatto più Giovanni Paolo II, disarmato, dei grandi eserciti e delle mille armi di distruzione di massa costruite dagli Usa e dall’URSS all’indomani della bomba su Hiroshima. C’è una testimonianza tra le altre, da parte di un uomo insospettabile di simpatie verso la Chiesa cattolica, Ezio Mauro, che ci ricorda quanto il papa polacco, fieramente anticomunista, abbia contribuito a cambiare la storia dell’URSS, “semplicemente” creando un rapporto umano profondo con il leader sovietico Michail Gorbaciov.

Ma prima di arrivare al crollo del comunismo, per decenni il mondo ha rischiato di andare incontro all’autodistruzione. Chi ha lavorato più di altri, e con maggior successo, perché ciò non avvenisse? Cercherò di ricordarlo, ricorrendo ad un anniversario: esattamente 60 anni orsono, nel 1963, il fisico italiano vivente, Antonino Zichichi, fondava ad Erice il Centro Ettore Majorana dove sarebbe stato redatto, alcuni decenni più tardi, il celebre Manifesto di Erice. Qui, in questa piccola cittadina della Sicilia, si sono incontrati per molti anni scienziati di tutto il mondo, americani, sovietici, italiani, britannici: di questi 49 erano già Premi Nobel e 106 lo sarebbero diventati.

La cosa più incredibile è che tra questi premi Nobel, in particolare per la fisica, troviamo anche molti di coloro che avevano costruito le bombe atomiche, e persino due dei tre padri della Super bomba, la bomba H: Edward Teller e Richard Garwin. Chi volesse osservare l’album fotografico di Erice, vi troverebbe Zichichi al fianco di Wigner, Teller, Weisskopf, Rabi… cioè personalità scientificamente parlando ancora più decisive, a Los Alamos, dello stesso Oppenheimer. Lo scopo era quello di riflettere sugli avvenimenti del passato e lavorare per spingere i governi a “ridurre la segretezza nelle tecnologie militari” e a “ridurre il numero delle armi nucleari ammassate nei loro arsenali”.

Queste due affermazioni, tra le altre, sono contenute del Manifesto di Erice, firmato nel 1982 da oltre 10 mila scienziati e redatto dallo stesso Zichichi e dai premi Nobel per la Fisica Paul Dirac, britannico, e Pëtr Leonidovič Kapica, russo.  Quest’ultimo aveva avuto il coraggio di dire di no a Stalin, che lo aveva chiamato a dirigere il progetto per la bomba H sovietica. Il rifiuto gli era costato gli arresti domiciliari negli anni Cinquanta. Ci possiamo ora chiedere: come è possibile che un fisico italiano sia riuscito in un’opera così grandiosa, portando anche ad accordi tra i consiglieri scientifici di Deng Xiaoping, Ronald Reagan e Michail Gorbaciov?

Il segreto sta certamente nel carisma di Zichichi, ma anche nel sostegno che egli ebbe proprio da Giovanni Paolo II: sulla scia già tracciata da Pio XII, infatti, il papa polacco fece della Pontificia Accademia delle Scienze un altro luogo di ritrovo internazionale, super partes, dotato di prestigio morale internazionale.  Ciò anche grazie alla capacità del pontefice polacco, noto anticomunista, di non essersi mai schiacciato sulle posizioni americane e di aver sempre portato avanti un tentativo di collaborazione con l’ex mondo sovietico (nota, ad esempio, la sua collaborazione con Gorbaciov, per scongiurare la prima guerra del Golfo, voluta dall’amministrazione Bush). Ma, soprattutto, in forza di una convinzione che era diventata propria di molti scienziati costruttori dell’atomica, che erano passati dall’ateismo e dal disinteresse per la religione, a riconoscere, quantomeno, che senza i principi cristiani il mondo sarebbe andato incontro ad aberrazioni sempre maggiori.

Se nella guerra fredda ci furono spazi di dialogo e di speranza, il merito fu anche del nostro Paese, universalmente riconosciuto come capitale mondiale della fede, della cultura, dell’arte, e non della guerra, e della Santa Sede, per sua stessa natura universale.  Oggi ci mancano, purtroppo, sia il vivido ricordo di cosa sia stata l’atomica – tanto che stiamo scivolando verso una nuova Guerra Fredda, come spiega il Segretario di Stato Vaticano, card. Parolin, nell’intervista rilasciata al Timone -, sia scienziati di valore impegnati a spiegare al mondo e ai governi a quali rischi possiamo andare incontro, continuando sulla via della guerra ad oltranza, in un’epoca in cui gli ordigni del passato appaiono semplici petardi (Foto: Pexels.com/Bing immagine free)

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