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Lo straordinario arrivederci di Cesare Cavalleri
NEWS 24 Novembre 2022    di Giuliano Guzzo

Lo straordinario arrivederci di Cesare Cavalleri

«Carissimo direttore, i medici mi hanno graziosamente comunicato che mi restano 9 settimane di vita. Non immaginavo simile conclusione, ma prendo volentieri atto e mi tuffo nella preparazione immediata al grande salto (quella remota è iniziata, con alti e bassi, nell’adolescenza)». Inizia così, con tono leggero eppure diretto, la lettera con cui, scrivendo al direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, Cesare Cavalleri – storica firma di quel quotidiano e direttore per quasi 60 anni di Studi cattolici – ha scelto di far sapere di esser prossimo «al grande salto».

Ma anche il resto del messaggio – di una gran lucidità per essere opera di un uomo di 86 anni cui è stata data, benché prima o poi inevitabile, la notizia più brutta – non lascia trasparire alcuna nota di tristezza o sconforto. Da quelle righe parla così un Cavalleri, che negli anni è stato firma anche del Timone, il quale si accomiata con lo stile di un grande capitano che, chiamato a lasciar la nave, stringe la mano, ringraziandoli, ai suoi fedeli marinai, ovvero «i redattori che “passavano”» i suoi «pezzi», talvolta caratterizzati – o impreziositi – da «qualche ghiribizzo».

La lettera termina con un saluto caloroso che più cristiano non poteva essere, e cioè già rivolto verso l’alto: «Dal Cielo (se, come spero, Cielo sarà) la grande famiglia di “Avvenire” non sarà da me dimenticata». «Grande direttore e carissimo Cesare, che colpo al cuore leggerti, stavolta. E che commozione. Faccio fatica a risponderti», è l’inizio della risposta, grondante vera amicizia, di Tarquinio, che si cimenta nello sforzo più complicato: quello di trovare le parole. Il direttore di Avvenire termina scrivendo cinque volte «grazie». È un buon numero, anche se – come lo stesso Tarquinio sarà pronto a riconoscere – insufficiente.

Sì, perché la lezione del commiato di questo giornalista cattolico – in questo caso pure direttore ed editore (di Ares) – vale almeno cento corsi di giornalismo e, probabilmente, pure cento di catechismo. Raramente, infatti, capita di imbattersi in righe così luminose e scorrevoli, prive di retorica e piene di fede, parole e frasi impregnate di verità e che fanno assaporare tutta la tristezza del momento senza neppure, però, un grammo di amarezza o rassegnazione.

Da parte nostra, come Timone, carissimo Direttore Cavalleri, le rivolgiamo un augurio e ci permettiamo una piccola correzione. L’augurio è naturalmente che le settimane pronosticate di cui ha scritto si rivelino in realtà ben di più, per il semplice fatto che c’è ancora parecchio bisogno di lei anche da queste parti. L’affettuosa rettifica è invece su quello che la attende, dal momento che difficilmente sarà un «grande salto». Ben più probabile sia infatti altro: un grande abbraccio. Quello del Dio vivente che ha sempre guidato – e c’è da crederci, visti i risultati – la sua eccezionale penna (Foto: Imagoeconomica/Avvenire).

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