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Malesia: l’Alta Corte riconosce la possibilità  di cambiare religione. I cristiani esultano
NEWS 1 Aprile 2016    

Malesia: l’Alta Corte riconosce la possibilità di cambiare religione. I cristiani esultano

da Radio Vaticana

 

In  Malaysia, ha suscitato diverse reazioni positive tra i cristiani, la notizia della sentenza dell’Alta Corte dello Stato del  Sarawack, che la settimana scorsa ha stabilito che le conversioni dei minori all’Islam da parte di uno o ambedue i genitori non sono definitive. Il tribunale ha infatti accolto il ricorso di un cittadino nato cristiano, ma registrato dai genitori all’età di 10 anni come musulmano e che non aveva ottenuto dall’anagrafe la rimozione della registrazione dopo essersi nuovamente battezzato.  Il giudice ha motivato il verdetto con l’articolo 11 della Costituzione, che garantisce la libertà religiosa.

Sentenza storica in un Paese musulmano
Si tratta di una sentenza storica in un Paese musulmano, dove la conversione a un’altra religione è considerata apostasia e in cui le autorità hanno sempre reso quasi impossibile il cambiamento della religione rinviando ogni decisione in merito a un tribunale islamico. Essa si inserisce in un’annosa diatriba sulle “conversioni univoche”, la normativa secondo cui i figli di coppie miste  con un coniuge musulmano, devono essere sempre registrati come islamici.

Per l’Associazione delle Chiese di Serawak una sentenza giusta
L’Associazione delle Chiese di Serawak (Acs) – riferisce l’agenzia Ucan – ha espresso gratitudine all’Alta Corte per la decisione definita in un comunicato “giusta,  imparziale” e ha rivolto un appello al Governo federale, affinché garantisca la libertà di religione  sancita dalla Costituzione. Di notizia “molto positiva” parla anche padre Lawrence Andrew, direttore del settimanale cattolico “The Herald”, anche se – ha precisato – non è detto che porti dei cambiamenti nel breve periodo sulle conversioni unilaterali dei minori. Tanto più che il caso in questione è particolare, poiché il ricorrente Roneey Anak Rebit non aveva mai praticato l’islam. Nel caso invece che una persona sia musulmana praticante è molto più difficile cambiare religione.

A favore della decisione anche un’organizzazione femminile islamica
Un giudizio favorevole alla sentenza è stato espresso anche dal gruppo “Sorelle nell’Islam” organizzazione moderata musulmana fondata nel 1988 per lottare contro la discriminazione e l’oppressione che le donne subiscono in nome dell’islam secondo il quale essa è in accordo con i principi della religione musulmana, che promuove la compassione e la tolleranza. (L.Z.)