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Mattarella bis, “normale” stato di eccezione
NEWS 30 Gennaio 2022    di Lorenzo Bertocchi

Mattarella bis, “normale” stato di eccezione

Il romanzo Quirinale si chiude come era iniziato, con gli scatoloni di Sergio Mattarella. Erano pronti per il trasloco, ma alla fine non servono più. Niente finale a sorpresa, anche Tancredi del romanzo il Gattopardo è sorpassato, i partiti del governo Draghi, impegnati per l’elezione del 13° Presidente della Repubblica italiana, ci insegnano che «se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto resti dov’è».

Dopo Giorgio Napolitano, che per primo nel 2013 aveva già sfondato le colonne d’Ercole del bis al Colle, ecco che anche Sergio Mattarella cede alla preghiere del governo Draghi e si mette a disposizione per un altro incarico. L’impressione è che dopo aver bruciato candidature su candidature sull’altare sacro della «personalità troppo divisiva», i partiti che sostengono l’attuale governo, ognuno con interessi di bottega più o meno nobili (tra la cadrega e il west), sono saliti da Mattarella in devoto pellegrinaggio per chiedergli di fare il bis in modo da non deragliare.

Detto fatto. Il centrodestra diviso e perdente come non mai, il centrosinistra tira a campare e si intesta il “suo” Mattarella; i 5S evitano di tornare a casa troppo presto. E intanto il governo di Mario Draghi tira diritto (con molti acciacchi); non mancano le cose da fare, ma l’elezione del Mattarella bis appare davvero come l’espressione più pura dell’autoconservazione.

Siamo in stato di eccezione da più o meno un decennio in Italia. E ora ecco un Mattarella bis d’eccezione, per un governo (ritenuto messianico) d’eccezione, in un tempo di eccezione. È tutto così eccezionale che la politica è una marmellata sempre più indistinta e i presidenti della Repubblica ormai bissano di default. In tutto questo l’unica cosa certa è che se Giorgio Napolitano non è “di parte”, lo è, invece, Silvio Berlusconi che è «divisivo» (ma Romano Prodi nel 2013 non era «divisivo»?). Se Sergio Mattarella è assolutamente a garanzia di tutti (e nessuno lo dubita, per carità), non lo è però la Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati (peraltro maldestramente buttata nell’agone e fatta fuori dai suoi compagni di partito e dai cespugli centristi). Sono tutti «irricevibili» i candidati di «parte», ma dipende da che «parte» arrivano.

Alla fine il vero stato di costante eccezione dell’Italia è culturale, perché un candidato per non essere «divisivo» deve stare su quel certo lato liberal della storia. E anche politico, perché ormai la politica non c’è più.


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