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Mons. Nicolas Brouwet: “Il celibato dei preti è segno di libertà”
NEWS 6 Febbraio 2020    di Redazione

Mons. Nicolas Brouwet: “Il celibato dei preti è segno di libertà”

Pubblichiamo una nostra traduzione di alcune risposte fornite dal vescovo Brouwet al mensile francese L’Homme Nouveau

di Odon de Cacqueray – L’Homme Nouveau

Il cardinale Sarah e il papa emerito Benedetto XVI hanno pubblicato un libro sul celibato sacerdotale, perché oggi questo argomento è così importante?

Due elementi hanno rilanciato la questione del celibato sacerdotale. Il sinodo sull’Amazzonia, da un lato, poiché i padri del sinodo hanno votato una risoluzione favorevole all’ordinazione sacerdotale dei diaconi sposati. La questione dell’abuso sessuale da parte di chierici, dall’altro lato, visto che alcuni sostengono che il matrimonio tra sacerdoti avrebbe potuto prevenire tale abuso. La mancanza di sacerdoti nelle nostre diocesi è anche un argomento ricorrente a favore dell’ordinazione di uomini sposati. Le risposte che circolano spesso riducono il celibato dei sacerdoti a una “disciplina” che si sarebbe imposta nella Chiesa cattolica latina nel Medioevo e che sarebbe tempo di rivedere perché non corrisponderebbe più allo spirito dei tempi. Ecco perché hanno dovuto scrivere questo libro. Sottolineo anche l’interessantissimo libro del cardinale Marc Ouellet, Friends of the Spouse: per una rinnovata visione del celibato sacerdotale.

Come interpreta la volontà di Benedetto XVI di spiegare il celibato sacerdotale ricorrendo all’Antico Testamento?

Ridurre la decisione del celibato dei sacerdoti alla riforma gregoriana o al Concilio Lateranense II nel 1239 è riduttivo. La scelta di prendere i sacerdoti tra gli uomini che hanno ricevuto il carisma del celibato non è una pura decisione legale tardivamente presa. È profondamente radicata nella vita della Chiesa, ma anche nell’Antico Testamento dove appare già la figura del sacerdote consacrato per l’adorazione di Dio. Come spiegato dal Papa Emerito Benedetto XVI, questa consacrazione si tradusse concretamente in una rinuncia al possesso della terra e nell’assenza di relazioni coniugali nel tempo del servizio liturgico a Gerusalemme. “I sacerdoti devono vivere di Dio e solo per Dio” (p. 53). Se il nostro sacerdozio cattolico viene da Cristo, siamo anche eredi della figura del sacerdote della vecchia Alleanza.

Come vescovo, come interpreti il celibato sacerdotale?

È una grande opportunità per la Chiesa. Il sacerdote celibe testimonia la presenza di Cristo che si è donato interamente alla Chiesa, come il marito alla moglie. E per il suo ministero, per la sua disponibilità, per tutto ciò che fa per l’annuncio del Vangelo, per la sua umile fedeltà, comunica alla comunità dei fedeli tutto l’amore, l’attenzione che ha per lei, alla maniera di Gesù. Non ha vicini, non ha altri rifugi, non ha nessuno da proteggere. Tutta la sua vita è offerta in questo ministero. Benedetto XVI sottolinea inoltre più volte che il celibato, per assumere il suo pieno significato, deve essere vissuto in una certa sobrietà di vita, una forma di rinuncia a tutto il conforto materiale a nostra disposizione. A ciò si aggiunge anche la disponibilità alla missione affidata dal vescovo. È un ottimo esame non scegliere la propria missione, ma riceverla ed essere pronti a cambiare, a partire, a muoversi. Il celibato consente di vivere questa libertà e questa disponibilità. Come vescovo, assisto a questa generosità tra i sacerdoti della mia diocesi e tra quelli che conosco. Quanti sacerdoti offrono un volto sereno e gioioso al ministero sacerdotale! E quanto è fruttuosa la loro missione nello Spirito Santo! Vorrei ringraziarli, incoraggiarli e dire loro quanto noi, come vescovi ma anche come padri, fratelli e amici dei nostri sacerdoti, siamo loro grati per la testimonianza che ci offrono. Possano essere veramente benedetti dal Signore!

 


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