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In morte di Cristina: 38 anni in coma, amata dal padre. Ma non fa notizia
NEWS 16 Aprile 2019    di Raffaella Frullone

In morte di Cristina: 38 anni in coma, amata dal padre. Ma non fa notizia

Lo spazio di una breve o poco più. Tanto le hanno dedicato i grandi media italiani. La maggior parte delle testate, a onor del vero, si limita a riprendere il trafiletto diffuso dall’Ansa il 10 aprile: «Cristina Magrini, la donna bolognese che da 38 anni viveva in stato di minima coscienza, è morta oggi all’età di 53 anni all’ospedale Maggiore di Bologna, dov’era ricoverata da alcuni giorni. La triste storia di Cristina e di suo padre Romano, 86 anni, che si è sempre battuto per il diritto all’assistenza, anche grazie al sostegno dell’associazione che porta il nome della figlia (Insieme per Cristina onlus), era cominciata il 18 novembre del 1981, quando l’allora 15enne venne investita sotto casa, a Bologna, finendo in coma vigile […]».

D’altra parte, per Cristina Magrini non c’è stata nessuna campagna dei Radicali per chiedere l’eutanasia e quindi, come si dice in gergo “non c’è la notizia”. La notizia c’era, e per settimane ha abitato gli spazi informativi, nel caso di deejay Fabo, perché lui ha chiesto di andare in Svizzera e ottenuto il suicidio assistito; la notizia c’era nel caso di Eluana Englaro il cui padre ha lottato perché la figlia morisse, e che è morta nel più atroce dei modi, di sete e di fame. Ma nel caso di Cristina Magrini? Non solo c’è stato un padre che non ha chiesto l’eutanasia per la figlia, ma Romano Magrini in questi quasi 38 anni dedicati notte e giorno alla figlia disabile ha soltanto chiesto, ripetutamente chiesto, una cosa: aiuti e assistenza per Cristina. E tutto questo ai media non interessa, tanto che il Corriere scrive: «Si può dire che in realtà Cristina Magrini, morta ieri a 53 anni, se ne fosse già andata quel drammatico 18 novembre 1981, quando appena 15enne venne investita sotto casa finendo in coma vigile, su una sedia a rotelle e assistita in tutto».

Ma Cristina era invece viva e amata, così come lo è Vincent Lambert, quarantaduenne tetraplegico francese sul cui capo pende una condanna a morte perché la sua vita è considerata non abbastanza degna: secondo i giudici continuare a curarlo, ad alimentarlo e idratarlo costituirebbe «ostinazione irragionevole» poiché «è in stato vegetativo cronico irreversibile e non può accedere ad alcuno stato di coscienza». Anche di Vincent Lambert non troverete che poche briciole sui media italiani: non è una storia funzionale alla narrazione che vuole automatizzare la relazione tra la sofferenza a un sedicente «diritto all’autodeterminazione», non è funzionale alla campagna già in atto che vuole portare anche il nostro Paese ad adottare una legge esplicitamente eutanasica; e dunque queste storie non vanno raccontate

Significative le parole che l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi ha pronunciato poco dopo la nascita al cielo di Cristina Magrini: «Nessuno sia alleato della morte, Gesù ci chiede di credere sempre nella luce della vita, di amarla e difenderla per chiunque, perché l’amore non scappa, non si rassegna, non si perde. Oggi è Pasqua per Cristina. E noi vediamo con ancora più chiarezza la forza della luce, forza che libera dalla morte».

 


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