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Nato da padre morto. L’ultima frontiera della fecondazione in vitro.
NEWS 19 Agosto 2023    di Raffaella Frullone

Nato da padre morto. L’ultima frontiera della fecondazione in vitro.

Come era prevedibile i quotidiani hanno salutato la notizia con giubilo. Scrive la Repubblica «Nasce Hugo, il padre è morto nel 2019: primo parto da fecondazione post mortem in Portogallo», Il Gazzettino: «Portogallo, nato il primo bambino concepito con fecondazione post mortem: il papà di Hugo Guilherme è deceduto nel 2019 per un tumore» e poi ancora Fanpage: «Benvenuto Hugo, primo bimbo nato da fecondazione post mortem in Portogallo: il papà è deceduto nel 2019». D’altra parte come potrebbe essere altrimenti? Una nuova vita che viene al mondo va sempre celebrata, ancor più se la mamma ha affrontato il buio del lutto e della perdita dell’uomo della sua vita, ancor più se la strada per arrivare al concepimento è stata lunga e piena di ostacoli. Eppure, come si dice in questi casi, non è tutto oro, quello che luccica.

Hugo Neves Ferreira aveva 29 anni quando è morto a causa del cancro. Era il 2019. E negli anni della malattia aveva congelato il proprio seme, e in prossimità della morte aveva firmato un’autorizzazione nella quale metteva per iscritto il suo placet per coronare il sogno di dare un figlio alla moglie, Ângela Ferreira, anche dopo la sua scomparsa. All’epoca la legge per la Procreazione Medicalmente Assistita nel Paese, una delle più aperturiste in Europa, non consentiva l’utilizzo del seme di un “donatore” defunto e qui si è giocata la battaglia legale, mediatica e culturale per abbattere questo esile paletto utilizzando, come da copione, un caso limite, in questo caso con la storia strappalacrime di Hugo e Ângela. Supportata dai gruppi radicali e femministi del suo paese, la Ferreira ha promosso una “Iniziativa di legge cittadina” ad hoc che è stata firmata da oltre 100.000 portoghesi per modificare la legge in questione, che dopo diversi passaggi e stop, è stata modificata aggiungendo una norma che che consente ad effettuare un’inseminazione con il materiale genetico del partner defunto “nei casi di progetti genitoriali espressamente consentiti” e in un periodo compreso tra sei mesi e tre anni dopo il decesso.

E così il 16 agosto è arrivato l’annuncio, rigorosamente dai social, ossia dal profilo Instagram di Ângela Ferreira : «Finalmente, condivido la notizia tanto desiderata. Ci sono voluti anni di lotta, il processo è stato lungo e dispendioso in termini di tempo, ma alla fine ce l’abbiamo fatta! È con enorme gioia e con il cuore pieno che condivido che due cuori battono dentro di me». E poi ancora . «Guilherme è nato alle 11:09 con 3.915 kg e 50,5 cm. È un bambino pieno di salute. Grazie amore mio Hugo Neves Ferreira per avermi scelta per questo sogno».

Peccato che il sogno sia costato embrioni – quindi vite – soppressi o scartati nel processo di procreazione medicalmente assistita e peccato che nessuno si interroghi ormai più sulle implicazioni etiche del manipolare la vita a piacimento. Hugo viene alla luce senza papà per una scelta deliberata degli adulti, ma del papà morto porta il Dna.  Se oggi nasce un bimbo da un papà morto nel 2019 cosa impedirà domani di festeggiare un bambino nato in provetta da padre “donatore” di seme e mamma “donatrice” di ovuli entrambi morti? La legge portoghese vieta la maternità surrogata ma la surrogazione, variamente declinata, è ormai stata sdoganata da un pezzo in Occidente, e l’unico parametro per decidere da che parte stare è il desiderio, la volontà di un adulto. Veramente vogliamo disporre della vita fino a questo punto? E svilire l’immensa dignità di un bambino facendolo venire al mondo come oggetto per riempire un, pur dolorosissimo, vuoto?


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