«Una “Alleanza per lo sviluppo sostenibile urbano”: questo il progetto lanciato ieri, in Vaticano, da oltre 70 sindaci del mondo che, insieme ai rappresentanti dell’Onu, si sono confrontati su cambiamenti climatici e lotta alle schiavitù moderne. L’Alleanza verrà presentata ufficialmente a New York il 24 settembre, alla vigilia della visita di Papa Francesco alle Nazioni Unite». Così ieri la Radio Vaticana presentava le conclusioni del summit organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.
È già stato fatto notare come iniziative di questo tipo rischiano di dissolversi nel politically correct o di alimentare la confusione, se non vengono ben calibrate e organizzate con scrupolo.
Il progetto dei 70 sindaci ne è un’ulteriore conferma. Nel suo testo redatto in inglese, e quindi non pubblicato integralmente ieri né dall’Osservatore Romano né dalla Radio Vaticana versione italiana, ma solo da quella in lingua inglese, si legge che i firmatari (fra loro la Pontificia Accademia delle Scienze) si pongono tra gli obiettivi quello di aiutare le città ad assicurare la «gender equality», la parità fra i generi, e «gender-sensitive solutions» e soluzioni di inclusione sociale legate al gender.
Si dirà che il senso qui è quello della parità fra uomo e donna. Ma il termine «gender» è usato con esplicito riferimento ai «sustainable development goals», gli obiettivi di sviluppo sostenibili che saranno discussi alle Nazioni Unite a settembre, e nel linguaggio orwelliano dell’Onu il termine indica il «genere» in senso aperto, con tutte le sue virtualità. O qualcuno in Vaticano ritiene che i sindaci di New York e Roma lo possano intendere altrimenti?
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