Editoriale non firmato,
pubblicato con il titolo
Non toccate gli “Intouchables”
su Il Foglio del 13 dicembre
Un paziente affetto da una malattia “grave e incurabile”, e la cui aspettativa di vita sia “a breve termine” ha il diritto di “esigere” una “sedazione profonda e continua” fino alla morte: questo dice il rapporto bipartisan consegnato al presidente francese Hollande – che lo ha approvato – dai deputati Alain Claeys (Ps) e Jean Leonetti (Ump). Formulazione abbastanza vaga e subdola, sulla quale dovrebbe plasmarsi la prossima legge sul “fine vita” che l’Assemblea nazionale sarà chiamata a votare in primavera. La politica appare compattamente favorevole, nonostante le molte voci contrarie di associazioni dei medici (i quali saranno obbligati a somministrare la dolce morte), di malati e di personaggi come Vincent Morel, presidente della Società francese per le cure palliative. Il quale dice al Monde di diffidare di un “diritto” che creerà “automatismi” e “confusione sulla finalità della pratica
proposta”, che andrebbe almeno chiamata con il nome che ufficialmente non si vuol pronunciare: eutanasia. Ancora più esplicito Philippe Pozzo di Borgo, l’uomo d’affari tetraplegico, oggi sessantatreenne, diventato popolarissimo con il libro autobiografico da cui è stato tratto il film “Intouchables” (in italiano “Quasi amici”). Ha promosso un movimento (si chiama Alleviare ma non uccidere) e un appello per sostenere che “non bisogna aiutare a morire ma a vivere. Per esserci passato, so che le persone gravemente handicappate soffrono e possono conoscere momenti di abbattimento”. Le nuove regole proposte renderebbero molto facile proporre loro una soluzione di morte “che non potrebbero rifiutare, a causa della loro vulnerabilità”.
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