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«Non è pedofilia ma “sesso intergenerazionale”». Uscita choc dell’accademica pro gender
NEWS 24 Marzo 2023    di Manuela Antonacci

«Non è pedofilia ma “sesso intergenerazionale”». Uscita choc dell’accademica pro gender

Una nuova finestra di Overton, anzi un bel balcone, considerata la portata di certe affermazioni, si sta piano piano aprendo nella nostra società, in cui ormai sono state sdoganate teorie e condotte un tempo decisamente impensabili. Lo si sapeva e lo si andava annunciando da tempo che, come la pallina sul piano inclinato, una volta avviato il processo di rimozione di ogni paletto morale nel campo della sessualità, si sarebbe affermato un processo inarrestabile che sarebbe giunto alle sue conseguenze più estreme, fino al tentativo di scardinare ogni “tabù” persino riguardo il sesso coi minori.

Ma non chiamatela pedofilia! E no, perché, si sa, quando si cerca di far passare condotte notoriamente condannate dalla società, la prima cosa che si fa è cambiarne il nome. Per questo, ultimamente “pedofilia” comincia ad essere sostituita dall’espressione “intergenerational sex” ovvero “sesso intergenerazionale”, che suona più cool, come se si trattasse del nuovo argomento piccantino affrontato dai super glamour rotocalchi femminili americani.

E non c’è da stare tranquilli, perché questa espressione, ultimamente, è stata riportata in auge anche da Rachel Hope Cleves, docente di storia all’Università di Victoria che in un’intervista su zoom, di cui circola un video non emerso prima di oggi, condotta dal collega Alexis Coe nel 2020, ospitata dalla Chicago University Press, si èrifiutata persino di descrivere lo stupro di un bambino di 10 anni come “abuso” e di usare il termine “pedofilia”, al quale decisamente preferirebbe il più inclusivo e democratico, appunto, “sesso intergenerazionale”.

«Questo [pedofilia ndr.] è un termine controverso perché per gli standard del nostro tempo, non vediamo alcuna possibilità per il sesso tra adulti e bambini, lo vediamo come uno stupro, non nel quadro del sesso e della sessualità». Le sibilline parole della studiosa. Peraltro, in un editoriale sul Washington Post, all’inizio di marzo, ha sostenuto che i repubblicani che vogliono vietare i drag show, lo facciano per rafforzare «le tradizionali gerarchie di razza, classe, sesso e genere».

Cleves, infatti, ha sposato la causa same sex, a piene mani, essendo autrice di un romanzo che narra le prodezze amorose di due donne dell’800 Charity and Sylvia: A Same-Sex Marriage in Early America e del loro legame pluridecennale, considerato e descritto alla stregua di un matrimonio. Ma non finisce qui, perché andando a scavare ulteriormente nella produzione letteraria della nostra studiosa, si scopre che la stessa, sarebbe autrice anche di Unspeakable: A Life Beyond Sexual Morality ovvero Inconfessabile: una vita oltre la moralità sessuale.

Un titolo che è tutto un programma, perché si tratterebbe della biografia dello scrittore britannico Norman Douglas accusato più volte di stupro e aggressione sessuale di ragazzi e ragazze minorenni, inclusi due cugini di 10 e 12 anni. Lo stesso, non si presentò nemmeno a Londra, nel 1916, al processo per “molestie sessuali”, a suo carico, su un ragazzo di sedici anni.

Nonostante ciò, Cleves nella sua biografia, descrive le continue scorribande di Douglas coi bambini, come se fossero una pietra angolare della società cosmopolita frequentata dall’autore. Mentre nella premessa del libro, incredibilmente, l’autrice sostiene che «Disincentivi politici, disagio viscerale, tabù culturali e limitazione delle fonti» hanno a lungo «ostacolato la ricerca sul sesso adulto-bambino.» In Unspeakable, Cleves, inoltre, insiste sul fatto che dobbiamo “superare queste barriere” se vogliamo comprendere la politica sessuale contemporanea: «La pedofilia è il terzo binario della cultura contemporanea. Non c’è modo di capire il terzo binario senza afferrarlo.»

Un’ ostinazione ideologica che l’aveva già portata nel 2017 a difendere dalle colonne del Whasington Post  il candidato repubblicano al Senato dell’Alabama Roy Moore, accusato di aver aggredito sessualmente diverse ragazze minorenni, sostenendo che non fosse un pedofilo. Secondo l’arzigogolata difesa della Cleves il presunto crimine di Moore non era la pedofilia, ma niente meno che «la sua volontà di sfruttare le strutture di potere ineguali di genere ed età per vittimizzare le ragazze che non potevano tenergli testa».

Sono parole che si commentano da sole. Come dire che abbiamo un elefante nella stanza, ma se tutti negano di vederlo, l’elefante non esiste. È come per tante altre ideologie controverse che tendono a rifiutare la realtà, al fine di manipolarla. Alla fine della fiera, come quando il re è nudo ma nessuno sa, osa e, infine, può più dirlo. (Foto: Screenshot, University of Chicago Press, Youtube)

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