giovedì 18 aprile 2024
  • 0
«Non sapete più cos’è l’amore: questa è la più grave povertà»
NEWS 12 Dicembre 2022    di Samuele Pinna

«Non sapete più cos’è l’amore: questa è la più grave povertà»

Qualche settimana addietro ho avuto la ventura di conversare con il cardinal Angelo Comastri, il quale mi ha ricordato che venticinque anni or sono Madre Teresa era salita nella gloria dei Cieli (vedi foto nell’articolo: a sinistra il cardinale Angelo Comastri, a destra l’autore dell’articolo don Samuele Pinna, ndr). Nondimeno, la sua figura si staglia ancora poderosa nell’immaginario collettivo per la sua capacità di incarnare la buona novella a favore dei più poveri tra i poveri. Mi interrogo. Quella donna minuta eppur tenace, curva perché gravata dal peso della carità donata ai derelitti privi di qualsivoglia speranza, dal volto rugoso di chi non ha distolto lo sguardo dall’altrui sofferenza, dove attingeva la forza per vivere a contatto con i miseri, i diseredati, gli intoccabili, gli aborti viventi di un’umanità priva di grazia?

Tale quesito ha preso forma nel mio animo nel momento in cui ero in compagnia del Cardinale che più di altri è stato a stretto contatto con la Santa rivestita del sari. Seduto dinanzi a me, mi narrava le vicende capitategli anni addietro quando si era imbattuto nella Madre ed era nata un’amicizia accresciutasi nel tempo. S’illuminava nel rimembrare i loro incontri, descrivendomeli con tale acribia e con quella voce pastosa e inconfondibile da coinvolgermi e rendermi partecipe dei fatti. La sensazione ancor viva in me è di essere stato anch’io presente, catapultato in illo tempore: un giovane sacerdote si reca ad ascoltare una suora missionaria e ne rimane affascinato, scoprendo che il volano di tanta dedizione agli ultimi risiede solo e solamente nella relazione con Dio. Il Porporato aveva aggiunto che Madre Teresa un giorno gli aveva confidato: “Figlio mio, senza Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri! Ricordati: io sono soltanto una povera donna che prega. Pregando, Dio mi mette il Suo Amore nel cuore e così posso amare i poveri. Pregando!”. Concetti semplici quanto disarmanti, «applicazioni nuove – se vogliamo dirla alla Manzoni –, ma d’una dottrina antica».

Questo è il segreto della vita cristiana, della priorità del mondo spirituale e invisibile rispetto a quello materiale, pur necessario ma relativo. L’uomo cerca e si dibatte e dimentica l’essenziale invisibile agli occhi, come glosserebbe il piccolo principe. L’agire cristiano non si esaurisce in un’opera, ma ambisce all’Infinito, dove ogni piccolo atto si riveste d’eternità. A tal proposito, il cardinale mi ha riferito ancora quanto la Santa di Calcutta rispose una volta a un giornalista impertinente, il quale chiedeva cosa fosse cambiato nel mondo dopo la tanta fatica da lei messa in campo. La Madre non si sdegnò né si risentì per la provocatoria domanda, ma fece un sorriso luminoso: “Vede – disse –, io non ho mai pensato di poter cambiare il mondo! Ho cercato soltanto di essere una goccia di acqua pulita nella quale potesse riflettersi l’amore di Dio. Le pare poco?”. L’intervistatore rimase in silenzio, così la suora incalzò: “Cerchi di essere anche lei una goccia di acqua pulita e così saremo in due. È sposato?”. Alla risposta positiva, proseguì: “Lo dica anche a sua moglie e così saremo in tre. Ha dei figli?”. Ne aveva tre. Riprese: “Lo dica anche ai suoi figli e così saremo in sei…”. Il Cardinale con saggezza aveva chiosato l’episodio, esortandomi: “Madre Teresa aveva detto chiaramente che ognuno di noi ha in mano un piccolo, ma indispensabile, capitale d’amore”.

Soltanto l’esercizio della caritas può dare senso alla vita. Certo, qui non si tratta di ridurre tutto a un mero sentimentalismo, ove il termine “amore” è sovente rivestito da una fumosa, se non patetica e sbiadita, definizione, ma di amore cristiano, che ha caratteristiche precise: la gratuità, il darsi totalmente senza trattenere qualcosa per sé, il non volere niente (ma proprio nulla!) in cambio, la prontezza al sacrificio e al dono di quanto si possiede. Questa è la carità – divina e, per ciò, pienamente umana – che Gesù ci ha insegnato e ha mostrato dalla Croce. Risuona, dunque, di nuovo forte il monito di santa Teresa: «Voi chiamate “amore” (fare l’amore!) anche andare con una prostituta. Non sapete più cos’è l’amore: questa è la più grande, vera e pericolosa povertà. Per quanto dipende da voi, seminate vero amore: questo è lo scopo della vita! Una goccia di amore vero rende più buono, più bello e più felice il mondo intero. Una goccia!».

Rifletto. Poi m’avvedo di un’altra lezione della Madre, regalatami nella forma del resoconto dall’amico vescovo: “La vita è una sola: non è come i sandali che ne ho un paio di ricambio. La vita è una sola, io debbo spenderla tutta per seminare amore fino all’ultimo respiro. Ricordati che, quando moriremo, porteremo con noi soltanto la valigia della carità”. Ritorna prepotente il dramma della fede per oltrepassare le false sicurezze di un’esistenza calata, se non annegata, nell’individualismo: «La felicità non si trova cercandola! La felicità – ha spiegato Madre Teresa – si riceve in regalo da Dio cercando la felicità degli altri. Per questo gli egoisti sono infelici. Sfido chiunque: non troverete mai un egoista felice».

Ci vuole coraggio per osservare quanto il Signore Gesù ci ha insegnato: è la capacità di abbracciare il reale nelle sue pieghe, anche le più recondite, sapendo che in Lui ogni limite può essere vinto, anche quello estremo della morte. E, paradosso, neppure il dolore abbatte o schiaccia, ma – se accettato nella libertà – rilancia a una vita rinnovata. Un ulteriore episodio confessatomi dal cardinal Comastri lo rivela, illuminandomi: egli, prima di sottoporsi a una delicata operazione al cuore, aveva telefonato a Madre Teresa per avvertirla e chiederle preghiere. Quando aveva spiegato alla Santa la preoccupante situazione, lei gli aveva risposto: What a wonderful gift! (Che dono meraviglioso!)”. Il Presule, allora, aveva ripetuto quanto detto perché convinto di non aver esposto bene la gravità della circostanza. Madre Teresa ribadì – e Sua Eminenza mi scandì queste parole commuovendosi –: “Ho capito bene! Hai ricevuto un dono meraviglioso: infatti sei così vicino alla croce di Gesù che, senza staccarsi, può baciarti. Sii sereno: abbandonati tra le braccia di Gesù e chiedi alla Madonna di trasmetterti la sua serenità. Noi pregheremo per te!”.

È la fiducia che, come una fiammella, non deve spegnersi: è il senso della Tradizione, di chi – di generazione in generazione – trasmette la bellezza intramontabile del Vangelo. Ciascun battezzato è chiamato ad annunciare non il “suo”, ma il messaggio meraviglioso del Salvatore. Non importa se saranno in pochi o nessuno ad accorgersi del nostro operato, perché Dio vede nel segreto ed è Lui che ci ricompenserà, consci che quanto viene dall’Altissimo porterà frutto. Mi tornano alla mente le appassionate espressioni del cardinal Angelo Comastri quando di fronte a me, in quella calda giornata di autunno, fece memoria del 5 settembre 1997: Madre Teresa chiudeva gli occhi alla scena di questo mondo e su Calcutta si abbatté un violentissimo temporale: «Nella zona dove sorge la casa delle Missionarie della Carità – ascoltai impressionato – venne a mancare l’elettricità per diverse ore: così la donna infaticabile che aveva dato luce a tanta gente morì al buio. Non è un segnale del Cielo? Non è un chiaro messaggio di Gesù che aveva detto a Madre Teresa: “Sii la mia luce”? Sì, Gesù voleva dirci questo: “Sono venuto a prendere con me Madre Teresa! Ora sta a voi raccogliere la luce che lei irradiava nel mondo, ora sta a voi mandare luce nel mondo”». Mi rammento e ripropongo le conosciute parole di Madre Teresa: «Sappiamo bene che ciò che facciamo non è che una goccia nell’oceano. Ma se questa goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe. Importante non è ciò che facciamo, ma quanto amore mettiamo in ciò che facciamo; bisogna fare piccole cose con grande amore».

In un novembre oramai passato, nel calore di una casa accogliente, provocato dal suo toccante discorrere (e come non esserne grato?), un santo – mi persuado e ne son certo – mi ha raccontato dell’umile grandezza di una Santa.

(Immagine in alto: Thierry Ehrmann, Mère Thérèse, painted portrait)

ABBONATI ALLA RIVISTA!


Potrebbe interessarti anche