La famigerata legge sul figlio unico, che in Cina da decenni impone a ogni coppi l’aborto di stato dopo la nascita del primo figlio, viene ogni tanto “aggiustata”, ma non eliminata. Negli anni recenti da più parti si è cercato di minimizzare, con zelo sul serio degno di miglior causa, sostenendo che Pechino, anche da questo punto di vista, sta notevolmente cambiando. Ma non è vero, e la corsa di molti, troppi ad applaudire al finto “nuovo corso” cinese francamente urta.
La politica del figlio unico sta creando alla Cina disastri demografici, mancanza di manodopera, invecchiamento della popolazione, squilibri fra maschi e femmine con tratta delle donne e schiavismo sessuale. Ma il governo non l’abolisce perché con essa si controlla tutta la popolazione. Il Partito mantiene «il potere nelle sue mani versando il sangue di donne e bambini innocenti della Cina».
Per documentare questa tragedia, l’agenzia missionaria per la stampa AsiaNews pubblica la traduzione italiana dell’ampia e articolata testimonianza resa da Reggie Littlejohn, presidente dell’associazione “Women’s Rights Without Frontiers”, alla Commissione esecutiva sulla Cina del Congresso statunitense.
La legge “del figlio unico” ‒ che concede alle coppie di avere un solo figlio (e due solo in casi eccezionali) ‒ vige in Cina da 35 anni. Oltre ad avere tragici effetti sulle famiglie, a causa della violenza con cui essa è applicata – con aborti e sterilizzazioni forzate – la legge sta producendo effetti disastrosi: popolazione sempre più vecchia, riduzione della forza lavoro, squilibrio nel rapporto fra maschi e femmine che produce a sua volta traffici di donne, alti livelli di criminalità e instabilità sociale. Sebbene si faccia molta pubblicità alla notizia che il governo sta “rivedendo” e “rilassando” questa legge, in realtà tale politica e l’enorme burocrazia che la applica rimangono intatte. Non solo, ma tale legge rimarrà molto a lungo perché essa serve a controllare la popolazione e a distruggere ogni dissenso contro il partito al potere.
La quale ha parlato accanto a Chai Ling, già leader degli studenti di Tiananmen e ora esule negli USA, dove lavora nell’associazione “All Girls Allowed” contro gli aborti selettivi sui feti femminili; Chen Guangcheng, già attivista in Cina contro il congtrollod elle neascite e ed esuale ance’egli negli Stati Uniti; Nicholas Eberstadt, esperto di economia e demografia; e ssa Valerie M. Hudson, docente di scienze politiche.
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