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Omosessualità e abusi, un problema da affrontare. Parla un comboniano
NEWS 22 Febbraio 2019    di Giuliano Guzzo

Omosessualità e abusi, un problema da affrontare. Parla un comboniano

Quella degli abusi del clero rappresenta senza dubbio una delle pagine più dolorose della Chiesa degli ultimi decenni; ma proprio per questo merita di essere approfondita. Diversamente, le cause di quest’ondata di crimini non verranno mai messe a fuoco, con il risultato che uno scandalo seguirà sempre all’altro, senza che poi chi vi sia alcuna possibilità, per il mondo cattolico, di guardare oltre tutto questo, voltando pagina.

Ne è convinto un vescovo, monsignor Juan José Aguirre, che nei giorni scorsi ha rilasciato una dichiarazione pesantissima in tal senso. Ma facciamo un piccolo passo indietro: chi è costui? Ordinato vescovo nel 1998, Aguirre non è un moralista che non ha mai sperimentato la carità evangelica.

Tutt’altro: è un missionario comboniano, dal 2000 capo della diocesi di Bangassou, nella Repubblica Centroafricana. Come qualcuno ricorderà, il suo nome balzò agli onori delle cronache quando, un paio d’anni fa, fece letteralmente da scudo umano per proteggere in chiesa 2.000 mussulmani da degli uomini armati che volevano eliminarli. Siamo insomma lontani anni luce, con questo vescovo, dalla caricatura dell’implacabile inquisitore dal cuore di pietra.

Ebbene, ciò nonostante monsignor «Juanjo» – come viene affettuosamente soprannominato – parlando con il giornale cattolico Crux, quando si è trovato a soffermarsi sulla questione degli abusi del clero ha affermato che, se un vero problema c’è, quel problema si chiama omosessualità. Più precisamente, ha individuato le tendenze omosessuali come il primo dei fattori concausa dell’attuale crisi della Chiesa legata agli abusi.

«Il primo», ha infatti spiegato il vescovo, «è l’ingresso dei preti omosessuali in seminario, che hanno vissuto la loro omosessualità all’interno della Chiesa negli anni ’70 e ’90. In secondo luogo, l’arrivo di Internet, attraverso il quale sono stati risvegliati gli impulsi negativi di molti sacerdoti. Terzo, ci sono sacerdoti che non occupano bene il loro tempo, che hanno troppo tempo libero e si lasciano tentare dal diavolo».

Un’analisi oggettivamente difficile da criticare tanto, pur nella sua essenzialità, risulta articolata. Colpisce soprattutto, lo si ribadisce, come monsignor Aguirre elevi l’«ingresso degli omosessuali in seminario» addirittura come «primo» fattore scatenante l’ondata degli abusi del clero. Infatti si tratta di un’affermazione politicamente scorrettissima anche se, a ben vedere, non così campata per aria; anzi, suffragata dai numeri.

Lo provano documenti come quello belga di cui si è parlato dei giorni scorsi, secondo il quale il 76% delle vittime degli abusi è di sesso maschile, ed altre dettagliate ricerche americane; con riferimento a queste ultime, come ha avuto modo di ricordare il sociologo Paul Sullins, sono emblematici i due report – uno del 2004 e l’altro del 2011 – realizzati dal prestigioso John Jay College of Criminal Justice per studiare i casi segnalati di abusi sessuali da clero tra il 1950 e il 2002, e tra il 2002 e il 2010, i quali evidenziano come l’80% delle vittime degli abusi non fossero né ragazze, né bambini pre-pubescenti (vera pedofilia), ma pre-adolescenti e adolescenti e di sesso maschile. Tanto che Sullins è giunto a parlare di «sottocultura omosessuale» interna alla Chiesa.

Le parole del missionario comboniano sono dunque sì esplosive, ma non infondate. L’auspicio è allora che la netta presa di posizione di questo vescovo coraggioso non passi inosservata e funga da stimolo per quella riflessione critica che, nel mondo cattolico, è stata troppo a lungo rimandata.


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