dall'esortazione apostolica di Paolo VI Quinque iam anni, 8 dicembre 1970
«Bisogna segnatamente vigilare affinché una scelta arbitraria non coarti il disegno di Dio entro le nostre umane vedute, e non limiti l’annuncio della sua Parola a quel che le nostre orecchie amano ascoltare, escludendo, secondo criteri puramente naturali, quel che non è di gradimento ai gusti odierni. “Ma anche se noi – ci previene l’apostolo Paolo – o anche un angelo del Cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che noi vi abbiamo annunciato, sia anatema” (Gal. 1,8).
Infatti, non siamo noi i giudici della parola di Dio: è essa che ci giudica e che mette in luce il nostro conformismo alla moda del mondo. “Le manchevolezze dei cristiani, anche di coloro che hanno la missione di predicare, non saranno mai nella Chiesa un motivo per attenuare il carattere assoluto della parola. Il filo tagliente della spada (Cfr. Hebr. 4, 12; Apoc. 1, 16; 2, 16) non potrà mai essere smussato. Essa mai potrà parlare della santità, della verginità, della povertà e dell’obbedienza diversamente da Cristo” (Hans Urs Von Balthasar, Das Ganze im Fragment, Einsiedeln, Benziger, 1963, p. 296).
Lo ricordiamo di passaggio: se le inchieste sociologiche ci sono utili per meglio conoscere la mentalità dell’ambiente, le preoccupazioni e le necessità di coloro ai quali annunciamo la parola di Dio, come pure le resistenze che le oppone l’umana ragione nell’età moderna, con l’idea largamente diffusa che non esisterebbe, fuori della scienza, alcuna forma legittima di sapere, le conclusioni di tali inchieste non potrebbero costituire di per se stesse un criterio determinante di verità».
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