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Pedopornografia, casi raddoppiati col lockdown. Ma è solo la punta dell’iceberg
NEWS 6 Maggio 2022    di Raffaella Frullone

Pedopornografia, casi raddoppiati col lockdown. Ma è solo la punta dell’iceberg

La notizia è stata pubblicata ieri da gran parte delle testate: nel 2021 sono stati 5.316 i casi di pedopornografia trattati dalla polizia postale, con un incremento del 47% rispetto all’anno precedente. E’ cresciuto anche il numero dei minori coinvolti, 531. La fascia più a rischio adescamento è tra i 10 e i 13 anni, ma crescono anche i casi di adescamento online dei bambini nella fascia 0 – 9 anni. E’ solo uno dei tanti dati contenuti nel dossier realizzato dal Centro Nazionale per il contrasto alla pedopornografia on line del Servizio di Polizia postale e delle comunicazioni di Roma e pubblicato in occasione della Giornata nazionale contro la pedofilia.

Secondo il report l’adescamento delle potenziali vittime avviene principalmente sulle piattaforme di messaggistica istantanea e sui social network, ma anche sulle cosiddette piattaforme di gaming dove a farla da patrone sono i giochi di ruolo e i videogiochi on line che attraverso i servizi di messaggistica diretta hanno favorito il contatto tra le vittime e gli abusanti.

Lapidario il direttore della Polizia postale e delle comunicazioni, Ivano Gabrielli. «Quanto accaduto negli ultimi due anni per l’emergenza pandemica, ha accelerato i processi di avvicinamento tra bambini e internet, ha intensificato il rapporto di reciproca attrazione che già esisteva tra adolescenza e servizi di rete sociale online ed ha influenzato le abitudini quotidiane di ognuno di noi». Per quanto dunque i dati mettano in evidenza un aumento esponenziale di un reato raccapricciante, non si può dire che questa tendenza stupisca, proprio per quanto affermato dal direttore Gabrielli: de facto le restrizioni hanno costretto ciascuno di noi ad un cambio di abitudini che per quanto riguarda i minori ha significato una quotidianità con la rete internet che sicuramente prima non vivevano in questa misura e in queste dimensioni. E il web ha teso la sua rete. Ben oltre la Dad e oltre le videochiamate per parlare con i nonni o gli amici in quarantena. I dati numerici sono quindi solo la punta dell’iceberg, sia perché a fronte dei casi individuati e puniti c’è un’altra parte di sommerso non certo meno atroce, sia perché questo cambio di abitudine segna una tendenza sempre maggiore per i più piccoli e giovani ad essere esposti a questi ma anche ad altri pericoli.

«Quello che dimentichiamo è che dietro ai numeri ci sono i bambini – spiega don Fortunato Di Noto, che con la sua Associazione Meter da anni lotta contro questa piaga – questo dovrebbe farci molto riflettere. Noi ci stiamo abituando alle cifre e non vediamo che dietro ci sono le vittime, la produzione del materiale, ma soprattutto le vite, sono bambini. Ogni giorno rileviamo numerosissime segnalazioni, si parla di 17 mila segnalazioni di pedopornografia che noi come Meter abbiamo fatto alla Polizia Postale».
Ma quale è l’insidia maggiore? «Noi siamo convinti che quando siamo a casa siamo sicuri, ma stare dentro casa con uno smartphone non significa affatto sicurezza».
In questo quadro è ancora possibile fare marcia indietro? «Siamo in ritardo veramente. Gli allarmi erano stati dati fin dall’inizio, già negli anni Novanta. Non credo che oggi proibire sia veramente possibile, ma certamente dobbiamo investire tantissimo in risorse, incontri, prevenzioni sull’uso corretto dei nuovi mondi digitali, che sono sia un’opportunità che un rischio. Tutti gli adulti, ma i genitori in primis sono chiamati a controllare, vigilare e custodire i più piccoli»


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