Perché a mons. Galantino e a chi la pensa come lui dà tanta noia il Family Day? Molti pensano perché scombinerebbe i progettati accordi con il governo Renzi in merito a non so che cosa: dunque per ragioni politiche.
È una spiegazione convincente? A me sembra di no. Inoltre, non fa onore a mons. Galantino: non credo che un Vescovo prenda una posizione così significativa su una questione così cruciale per meri calcoli di contingente utilità politica. Credo che lo faccia seguendo un preciso disegno pastorale. E mi domando quale possa essere.
Vengo subito alla risposta: secondo me, è da tempo che una larga fetta di pastori (dell'alto e basso clero), probabilmente maggioritaria nelle sedi dove si conta davvero, si è convinta che per sopravvivere nella modernità la Chiesa non possa più condannare ciò che invece il mondo – cioè il pensiero mainstream, come viene veicolato dai media – approva; mentre possa tranquillamente condannare ciò che anche il mondo condanna (per cui non è vero che la Chiesa si astiene dalle condanne tout-court: si astiene solo da quelle scomode). Da ultimo, questa tendenza si è spontaneamente evoluta: da incapacità-indisponibilità a condannare, a volontà di approvare. Ciò che il mondo approva, la Chiesa non si limita più a non condannarlo: si sente tenuta ad approvarlo anch'ella. Per motivi pastorali, perché questa sarebbe la pastorale adeguata ai tempi che viviamo, la pastorale di vicinanza all'uomo moderno, che forse è ancora battezzato, ma la cui cultura non è più cristiana.
Così, sembra addirittura superato anche il mantra per cui certe cose la Chiesa non potrebbe dirle, perché "la gente non capirebbe". Si è ormai visto che la gente (cioè il mondo) in realtà capisce benissimo, ma vuole continuare a pensarla (male) a modo suo, ed a volere ciò che la Chiesa, sino a ieri, condannava. Per cui si torna sempre lì: all'approvazione con il mondo di ciò che il mondo approva.
Con riguardo alle unioni omosessuali, il percorso seguito in questo senso è palese: dapprima sostanziale afasia (non condanno, non approvo: sto in silenzio), poi aperta simpatia. Fra poco, potremmo giungere anche alla formale derubricazione: da (false) unioni basate sul disordine, ad apprezzate espressioni di vera affettività umana, portatrici di bene, amore, stabilità, solidarietà, assistenza ecc. ecc….. Tutto ciò perché, quanto alle unioni civili, ciò che il mondo approva, lo approvi anche la Chiesa. D'altra parte, non sta avvenendo qualcosa di simile anche quanto ai divorziati civilmente risposati? Se li si ammettesse alla Comunione, non si finirebbe per assentire, insieme al mondo, alla loro "ricerca della felicità", all'idea della "seconda chance", del "rifarsi la vita"? Per chi segue questa linea pastorale, probabilmente S. Paolo avrebbe dovuto impostare la sua predicazione agli aeropagiti in modo da evitarne scrupolosamente il dileggio, e averne solo il consenso.
E la dottrina? Per questa "opzione di fondo" pastorale, è un bell'impiccio. Che non si risolve modificandola, anche perché l'operazione pare assai complicata (almeno finché ci sarà ancora qualcuno che riesca a far valere il principio di non contraddizione). Molto meglio ignorarla, relegarla nell'ambito se non dell'irrilevante, dell'almeno opinabile, del non decisivo. E additando chi la invoca per sollevare qualche obiezione come ipocrita, farisaico, legalista, spietato ecc. ecc..
Questa, secondo me, è la posizione di mons. Galantino e della corrente di pensiero cui si ispira.
Per questa corrente di pensiero, una manifestazione come il Family Day è davvero una bella grana. "Ma come", potrebbe infatti dire chi la pensa come sopra, "qui ci affatichiamo notte e dì per approvare anche noi la radiosa primavera antiomofoba, che tanto piace alla gente che piace, che è ciò che il mondo approva, e voi scendete in piazza per dire che non ci state? E siete pure tanti, a prescindere dal numero preciso? E ci dite che voi non solo non l'approvate, ma addirittura vi opponete? Vi limitaste alla questione dell'utero in affitto, beh, potemmo anche tollerarlo: non è ancora detto che tutto il mondo lo approvi, forse un po' di flessibilità potremmo permettercela. E vi lasceremmo tranquillamente lottare contro la penuria di asili nido: è una cosa che anche il mondo condanna, ci mancherebbe! Ma le unioni civili, suvvia! Quelle le dobbiamo benedire anche noi, in nome dei diritti! Altrimenti, continueremmo ad essere la Chiesa del no, poco evangelica. Non deve essere il nostro parlare sì sì, e poi ancora sì sì?".
Ecco, questo potrebbe essere il discorso di chi, nella gerarchia, è stato infastidito dal Family Day. Un discorso col quale verremmo al nodo cruciale, alla scoperta del cuore del problema: quella con cui abbiamo a che fare non è una questione pastorale; con l'atteggiamento di chi ha malvisto il Family Day, a ben vedere, la pastorale c'entra poco. C'entra la fede. O meglio, non c'entra: è la grande assente… Auxilium Christianorum, ora pro nobis.
Enrico Roccagiachini
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