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14.12.2024

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Prima salvava i commilitoni, ora le anime: è diventato un «soldato di Cristo»
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28 Maggio 2024

Prima salvava i commilitoni, ora le anime: è diventato un «soldato di Cristo»

Che cosa cosa vuoi fare della tua vita?” Una domanda che può essere posta con tono e intenzione diversi, da genitori motivati (o esasperati), da insegnanti attenti, da un amico che ci tiene davvero a te, da una fidanzata che prova a metterti alle strette. Quando David Santos l’ha sentita rivolta a sé si trovava in confessionale e a rivolgergliela il sacerdote che amministrava il sacramento della riconciliazione, padre Antonio Biko. Su National catholic rgister leggiamo la testimonianza di un parroco americano e della grande gioia che prova nel di servire Dio e il popolo; nel cammino fatto per rispondere fino in fondo a quella domanda, la storia della sua vocazione.Era poco dopo gli eventi dell’11 settembre, quella data per cui non serve nemmeno specificare l’anno tanto è divenuta tragicamente iconica. Ci pensa e risponde: «“Voglio essere un soldato di Cristo”. Stavo crescendo nel mio rapporto con la Chiesa e nel mio amore per il Signore. Ho sentito anche questa chiamata a prestare servizio militare. Ecco cosa mi è venuto in mente: un soldato di Cristo. E lui mi ha guardato e ha detto: “Sembra un prete”. E io ho detto: “No, non credo”. Ero certamente aperto a questa possibilità, ma non era qualcosa che, a quel punto, pensavo davvero».

LA VOCAZIONE AL SACERDOZIO NASCE DENTRO ALLA VOCAZIONE ALLA VITA

Dio sa corteggiare e attendere, senza forzare mai la nostra libertà. In quel momento David aveva una relazione con una ragazza, ed era interessato alla vita militare, insieme al fratello gemello. Eppure, riconosce, aveva già iniziato a considerare almeno sotto traccia l’ipotesi di diventare sacerdote. «Credo che quello fosse il seme che è stato piantato. Da quel momento in poi, ho pensato a questa possibilità. ‘Che cosa significa?’ E conoscevo padre T [Biko] come un meraviglioso esempio di sacerdote». Nati e cresciuti in America, i due gemelli sono stati educati dalla loro famiglia nella fede cattolica, ma, come in ogni storia di vera conversione, la proposta educativa dei genitori esige una verifica personale, a volte anche burrascosa. Nel caso di David a traghettarlo verso una fede più personale e matura è stato un ritiro spirituale per adolescenti al quale l’aveva invitato una ragazza. È stato in quell’occasione che ha conosciuto padre Antonio Biko, ora defunto, ed è rimasto profondamente affascinato dal suo modo di vivere la vocazione, dal suo amore generoso per tutti, da quanto si spendeva per aiutare i ragazzi nelle loro difficoltà, soprattutto quelli che lottavano per uscire dalla dipendenza dalla droga.

INCONTRI SIGNIFICATIVI

«Era anche un uomo molto socievole, molto gentile e divertente. Il giovane David «era attratto da questa personalità, da questa scelta radicale di vita e da questo dono della vita». Ricorda di essere “cresciuto nella mia fede e nella mia identità di uomo cattolico e credente”». L’amicizia tra i due fratelli e padre Biko si consolida e si declina in modo del tutto normale, coinvolgendosi nelle attività della parrocchia, dal servizio come chierichetti alla messa per i Missionari della Carità a Newark, all’aiuto presso la mensa dei poveri. Arriva l’11 settembre e i due giovani hanno il terribile privilegio di poter vedere dalle finestre di casa loro, a Kearney in New Jersey all’attacco alle Torri Gemelle. Lui e Brian decidono di arruolarsi nell’esercito dietro la spinta di questo intenso sentimento patriottico acuito da quegli eventi.

LA GRAZIA PASSA ANCHE IN GUERRA

Entrano a far parte della fanteria aviotrasportata (Lrs), una piccola unità di 56 soldati, inviata in Iraq nel 2004. La fede lo aiuterà a vivere la missione militare con maggiore equilibrio: l’altro, anche il nemico, è una persona con una altissima dignità seppure in condizioni di guerra, purtroppo, sia più facile vedere esplodere l’inclinazione al male annidata nel cuore di ognuno. «Essere in una zona di combattimento e avere il grande dono della fede aiuta davvero: vivere l’esperienza con, credo, molta più fiducia nella presenza di Dio, nella sua volontà, nella sua guida, non solo per quello che mi succede, ma per quello che Anch’io sono chiamato a fare in termini della mia missione di servizio.»

LA RESA: “VA BENE, SARO’ SACERDOTE”

L’esperienza bellica e il modo di attraversarla, imparando quanto siamo fragili e quanto sia importante esercitare le virtù in ogni contesto, affidandosi a Dio e all’amore degli altri, ha condotto David senza strappi ad un altro passo verso la vocazione sacerdotale. Di nuovo la svolta arriva nel dialogo con l’amico sacerdote e ricomincia da un “no”, o meglio un “non credo di poterlo fare”. Forse era più una domanda cammuffata che un rifiuto, la ricerca di una conferma, di un sostegno, che in effetti non ha tardato ad arrivare: si trattiene a lungo a parlare con padre Biko e «il giorno dopo mi sono svegliato con una pace straordinaria”, ha detto. “Ho sentito un enorme senso di pace perché stavo facendo il primo vero grande passo, un passo serio, nella direzione che il Signore aveva tracciato per me». La decisione era presa; entrò nel seminario dell’arcidiocesi di Newark e in seguito poi al North American College di Roma.

E SOLDATO DI CRISTO

Tra i tanti segni che David ha raccolto lungo il suo cammino dialogando col Signore nel cercare di discernere la sua chiamata, ce n’è uno in particolare che lo ha davvero spiazzato e consolato. Racconta che durante una pausa a casa, di ritorno da Roma, ormai vicino all’ordinazione, gli dicono che ci sono dei calici lasciati dai sacerdoti deceduti in eredità per i seminaristi. Poteva andare a sceglierne alcuni: «Il primo che vedo… oh, è bellissimo. Era appena stato ristrutturato. In genere, sulla base del calice, avrai inciso: “In memoria di”, “In gratitudine per” o un mecenate o un membro della famiglia che desideri onorare. Presi il calice, lo girai e c’era scritto: “Soldato di Cristo”. L’ho quasi lasciato cadere! Ciò ha messo a tacere ogni dubbio”, ha detto, ricordando la sua gratitudine: “Grazie, Signore. Sei così bravo.”»

ESSERE SACERDOTE È MERAVIGLIOSO

Ora padre David è prete ed è soldato. Grato della sua storia e della missione che Dio gli ha dato, racconta tutta la sua gioia per il ministero che finalmente può ricoprire e che significa una moltitudine di servizi da compiere e responsabilità da ricoprire. Tutti in una sola direzione: servire Dio e il suo popolo. Non manca di ricordare quanto l’esperienza e la formazione militare, insieme ai forti legami familiari e all’educazione ricevuta, siano state fondamentali per la sua attuale vita di sacerdote. Molte sono le similitudini tra i due stati di vita, il primo in qualche modo figura e preparazione al secondo, molto più alto e assai più impegnativo, su questo padre David non ha dubbi. In battaglia vegliava sulla sicurezza dei suoi commilitoni, ora ha uno scopo ancora più decisivo, quello di portare la salvezza delle anime che solo Cristo dona. Forse la differenza sostanziale, come in molti altri casi, la fa il Generale in comando e con Dio si può stare tranquilli: il Nemico per eccellenza è già stato sconfitto. (Fonte foto: Screenshot, NewarkPriest, YouTube/Pexels.com)

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