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Quando Candia diceva ai sessantottini: voi aspettate la rivoluzione, io mi inchino sul mio fratello adesso
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10 Luglio 2014

Quando Candia diceva ai sessantottini: voi aspettate la rivoluzione, io mi inchino sul mio fratello adesso

Marcello Candia ha vissuto in pienezza le virtù cristiane. E dunque ora manca solo il riconoscimento di un miracolo perché la Chiesa lo veneri come un beato. La notizia è arrivata ieri mattina dal Vaticano: papa Francesco ha firmato il decreto che riconosce le virtù eroiche di una grande figura del laicato missionario italiano.

Nato a Portici (Na) il 27 luglio 1916 da una famiglia milanese di imprenditori, laureato in chimica, eredita dal padre un'impresa floridissima, che porta avanti con talento nella Milano del dopoguerra. Ma contemporaneamente non smette mai di occuparsi degli ultimi nella Milano dei cardinali Schuster e Montini. Fino all'incontro in Amazzonia con mons. Aristide Pirovano, grande vescovo del Pime; e alla decisione radicale: venderà la fabbrica, e si trasferirà a Macapà, in Brasile, dove realizzerà un grande ospedale e il Lebbrosario di Marituba. Strutture che poi donerà ai brasiliani, per continuare a vivere in povertà accanto a loro. Morirà il 31 agosto 1983 a Milano.

Sono appena pochi tratti per provare a descrivere una figura di uno spessore straordinario. Per conoscerla più approfonditamente – però – è possibile leggere la trascrizione di questa serata a lui interamente dedicata da padre Piero Gheddo, suo grande amico, durante una trasmissione tenuta su Radio Maria nel dicembre scorso.
C'è una frase di Marcello Candia che – però – ci preme più di tutte le altre ricordare: è contenuta nell'intervista che rilasciò a Giorgio Torelli nel libro Da ricco che era, divenuto negli Settanta un vero e proprio bestseller della missione.

«Obiettano che le scelte per il progresso di uno spazio di mondo devono essere solo e sempre politiche, non singole – raccontava Candia -. E allora io rispondo: "Giusto. Anzi, dicendo così dimostrate un'intelligenza che io non ho. Apprezzo che voi, bravi e intuitivi, vi battiate in politica per mutare la storia. Ma io ho un solo, eventuale talento: so appena chinarmi su quello che riconosco per fratello. Permettetemi di farlo intanto che maturano le vostre azioni politiche. Mio fratello ha bisogno oggi, non può aspettare. Lui aspetta me e io ci vado. Insieme a quell'uomo aspetterò voi».

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