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Quel sondino staccato nel silenzio generale
NEWS 23 Marzo 2022    di Raffaella Frullone

Quel sondino staccato nel silenzio generale

Quasi non fa più notizia. La morte di Samantha D’Inca è passata in sordina. Sicuramente l’infodemia sull’Ucraina sta praticamente monopolizzando i notiziari da settimane, come avvenuto per mesi col Covid, ma non è la sola ragione per cui molti nemmeno si sono accorti di questa morte. Tra i motivi per cui la storia di Samantha non ha trovato spazio sulle prime pagine dei quotidiani italiani è perché i genitori non si sono affidati ai Radicali dell’Associazione Luca Coscioni per arrivare a quella che per loro è stata la liberazione della figlia dal dolore: la morte, ottenuta per il distacco del sondino naso gastrico che alimentava e idratava la ragazza.

Ma riavvolgiamo il nastro. Samantha non ha nemmeno 30 anni quando, probabilmente a causa di una infezione contratta in ospedale nel corso di un intervento chirurgico, finisce in stato vegetativo. Un macigno pesantissimo piombato sulla normalità gravida di futuro di una famiglia, con due genitori che da un giorno all’altro si trovano a vegliare la figlia nel letto di una Rsa e una diagnosi che non lascia spazio ad alcun miglioramento. Il pensiero va immediato ad un’altra giovane donna inchiodata ad un letto per lunghi anni. «Samantha come Eluana? – si chiede persino Repubblica, che risponde citando le parole del papà di Samantha: “Non sarò mai abbastanza grato a Beppino Englaro per aver aperto la strada al diritto di scelta sul fine vita. Anche per Samy abbiamo dovuto ricostruire il suo pensiero davanti ai giudici. La differenza è che oggi esiste la legge sul biotestamento”». Sì, perché i genitori di Samantha hanno condotto una tenace battaglia giudiziaria per ottenere che a Samantha fossero staccati i supporti che le garantivano nutrizione e idratazione, nonostante la figlia non avesse sottoscritto nessun biotestamento. «Troppo il dolore», raccontano i genitori che alla fine dello scorso anno hanno ottenuto il via libera del giudice per la sospensione dei supporti vitali. Racconta il padre al Corriere: «Così lunedì hanno sospeso l’alimentazione forzata, pur mantenendo l’idratazione. Giovedì si è deciso per una sedazione profonda, in modo da scongiurare il pericolo che potesse soffrire. A quel punto, mia figlia si è spenta in meno di due giorni. E ora è libera». «Volevamo lasciarla andare – prosegue la mamma parlando sempre ai giornalisti – come avrebbe chiesto lei stessa, se solo avesse potuto parlare». I verbi sono inesorabilmente al condizionale e il dolore evidentemente insostenibile.

Diceva don Vincent Nagle, missionario della Fraternità San Carlo, durante un incontro sul fine – vita : « Il problema di guardare in faccia l’angoscia dell’altro è il fatto che subito ti richiama alla tua angoscia. Svela subito, mette a nudo, la tua angoscia. La maggior parte di noi è così brava a non pensarci, a sopprimere, a nascondere, a non guardare, a non pensarci come se questa angoscia non ci fosse. Questa angoscia è un mare e la nostra esistenza quotidiana è solo una piccola isola galleggiante sopra questo mare (di angoscia), di terrore della morte. È insopportabile e quindi l’avvicinarsi, il lasciarci colpire, guardare in faccia l’angoscia dell’altro senza poter risolvere il problema in nessun modo: come si può e perché sarebbe a mio vantaggio il farlo? Sono convinto che quando le persone si tolgono la vita è l’angoscia che non sopportano, non è il dolore né il limite di non poter camminare più, vedere più, fare le cose di una volta, non è neanche la solitudine in sé e per sé ma è l’angoscia a essere insopportabile. Io che accompagno centinaia e centinaia di persone in situazioni gravi posso dire che c’è un fattore comune tra queste persone, anche per il famoso dj Fabo […] esprimono un unico desiderio: vogliono vivere ma non sanno vivere così, non con questa angoscia e neanche noi che forse non abbiamo le stesse prove, forse anche noi non sappiamo vivere così».

Solo il Cielo può dire una parola ultima sul dolore, solo in un’ottica divina l’angoscia può trovare non soltanto senso, ma addirittura un grande valore e ,se offerto, anche cambiare il corso degli eventi. Ma senza uno sguardo Altro è impossibile da vedere, e soprattutto respingente, per questo l’epilogo della storia di Samantha appare l’unico giusto, per questo la vicenda passa quasi in sordina. Eppure è una vita. Lo era anche inchiodata a quel letto. Ora è nella vita eterna.

Foto Samantha D’Incà profilo Facebook

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