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3.12.2024

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«”Repubblica” ci attacca, invia pure finte mamme ai Cav. Ma noi non molliamo»
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26 Aprile 2024

«”Repubblica” ci attacca, invia pure finte mamme ai Cav. Ma noi non molliamo»

«È chiaramente in atto una campagna di attacco e delegittimazione dei Centri di aiuto alla vita e del loro operato, fatta di falsità, insinuazioni e addirittura di giornaliste che si presentano sotto mentite spoglie, come donne incinta bisognose di aiuto, per carpire chissà quale segreto del nostro operato». Non usa mezzi termini Claudio Larocca, presidente della Federazione dei Cav piemontesi, per descrivere il trattamento che Repubblica ha riservato al mondo pro life del Piemonte, la Regione che negli ultimi anni, in particolare grazie all’impegno dell’Assessore Maurizio Marrone, si è spesa in favore della vita nascente collaborando con il volontariato per la Vita. L’accanimento di Repubblica contro i Cav si può ben vedere dagli articoli che, venerdì e sabato, scorso il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari ha pubblicato sulle pagine della cronaca torinese.

Articoli nei quali si è dato grande spazio agli esponenti del Movimento 5 Stelle, in particolare della consigliera Sarah Disabato, Repubblica ha raccontato che i 2,5 milioni di euro destinati dalla Regioni a 19 associazioni attive nel sostegno alla maternità sarebbero oggetto di un uso poco limpido, arrivando a parlare di «giungla degli aiuti dati alle donne per non abortire», con «le associazioni» che «pagano affitti e cibo senza criteri e si tengono una parte dei fondi». Non solo. Per il quotidiano progressista più letto d’Italia, «in Piemonte il sistema di aiuti per chi intende rinunciare all’aborto esiste già da mesi ma accedervi non è facile». «Chi è riuscito ad accedere ai percorsi proposti dalle associazioni ha avuto un sostegno», hanno scritto le giornaliste Cristina Palazzo e Sara Strippoli, «ma i criteri non sono molto chiari».

Tutte accuse che, contattato dal Timone, Larocca respinge senza se e senza ma. «Non è assolutamente vero che sia difficile accedere agli aiuti previsti, in quanto è sufficiente contattare un nostro centro per valutare le opportune misure di aiuto», spiega il volontario pro life, che subito aggiunge: «Inoltre il fondo Vita nascente della Regione Piemonte non è fatto a misura delle associazioni pro life, ma possono accedervi tutte le realtà associative che lavorino nell’ambito della tutela materno infantile e che presentino un progetto in tal senso. Per quanto riguarda poi gli aiuti non c’è alcuna opacità e non è assolutamente vero che sia difficile accedervi. L’associazione che ha il diretto contatto con l’utente valuta la tipologia di aiuto più aderente alle necessità del caso specifico».

Pur di gettare discredito sul volontariato pro life – o per scovare presunte ombre sul funzionamento dei Cav -, Repubblica è arrivata ad escogitare uno stratagemma: quello di inviare al Centro aiuto alla Vita una finta mamma incinta e disperata, in realtà giornalista. A raccontarci che cosa è successo è sempre Larocca: «Venerdì 19 aprile alle ore 11:42 sono stato contattato telefonicamente dalla giornalista Cristina Palazzo che, non presentandosi come giornalista né dicendo il suo nome – ma dicendo di essere una donna che aveva scoperto da poco di essere rimasta incinta – si è rivolta al Centro di Aiuto alla Vita di Rivoli, di cui sono presidente, per richiedere un aiuto».

«Fissato un incontro con urgenza presso il mio studio, precisamente alle ore 14.30 dello stesso giorno», continua il volontario pro life piemontese, «la signora Palazzo si è presentata all’appuntamento dichiarando ancora di averci contattati perché aveva bisogno di aiuto. Una serie di incongruenze hanno alimentato in me il sospetto che non fosse veritiera la versione raccontata ed è stato semplice con un paio di domande scoprire che effettivamente non si trattava di donna bisognosa in gravidanza, ma di soggetto che – come da lei stessa dichiarato – intendeva raccogliere informazioni sulle nostre associazioni e sul nostro operato, presentandosi sotto mentite spoglie».

Quando Larocca ha provato a chiedere l’identità a questa giornalista, costei se l’è svignata. «Solo il giorno seguente», conclude il presidente del Cav di Rivoli, «ho potuto appurare l’identità della giornalista Cristina Palazzo, leggendo l’articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica che fa chiaro riferimento all’appuntamento descritto e potendo riconoscere il volto della persona con una semplice ricerca dei nominativi in firma all’articolo. È triste che si giochi sulla pelle delle donne queta campagna diffamatoria puramente ideologica e di bassa lotta politica». Parole, quelle di Larocca, che come Timone non possiamo onestamente non sottoscrivere. Dalla prima all’ultima (Fonte foto: Pexels.com/Repubblica)

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