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Scaglione: «Papa Francesco unica speranza rimasta per fermare la guerra in Ucraina».
NEWS 27 Ottobre 2022    di Giuliano Guzzo

Scaglione: «Papa Francesco unica speranza rimasta per fermare la guerra in Ucraina».

«Pronto mi sente?». «Io sì, e lei?». «Pronto?». I primi tentativi di contatto telefonico con Fulvio Scaglione, per anni corrispondente da Mosca e già vicedirettore di Famiglia Cristiana, non vanno a buon fine. Difficoltà acustiche. Comprensibile, del resto: il collega si trova a Baghdad. Nonostante i circa 3800 km che ci separano, al terzo o quarto tentativo, riusciamo però a sentirlo, per raccogliere il suo autorevole pensiero su un avvenimento che potrebbe segnare una svolta nella guerra in Ucraina: la richiesta, avanzata dal Presidente francese a Papa Francesco, nel corso della sua recente visita in Vaticano, di telefonare al presidente russo Vladimir Putin, al patriarca ortodosso Kirill, ma anche al presidente degli Stati Uniti Joe Biden, per sedersi al tavolo delle trattative e favorire il processo di pace che metta fine al conflitto iniziato lo scorso febbraio.

Dottor Scaglione, che prospettive apre quest’iniziativa di Macron? «Intanto c’è un aspetto da sottolineare ed è che Macron è probabilmente rimasto l’unico leader europeo e internazionale che creda nella possibilità di una mediazione, sostanzialmente di poter arrivare ad un negoziato che interrompa in conflitto, non che porti non dico la pace, ma che almeno interrompa in conflitto».

Certo. «In secondo luogo, la proposta di Macron è ovviamente la proposta di un buon politico che ha cercato di coprire tutti gli angoli, perché a differenza per esempio di quanto fa Erdogan, il presidente francese chiede al Papa di non parlare solo con Putin – e o Zelensky – ma di parlare anche con Kirill e con Biden».

Cosa significa? «Questo mi sembra molto ragionevole, perché da un lato è impensabile – con tutto il coinvolgimento che la Chiesa ortodossa russa ha avuto, sia nella costruzione filosofica, diciamo così, dell’invasione russa, sia poi nello sforzo di appoggio propagandistico successo -, ecco è impensabile che la Chiesa ortodossa russa possa immaginare a guardare mentre avviene una mediazione. Sicuramente si metterebbe di traverso. E quindi, in qualche modo, una ripresa del dialogo con Kirill è necessaria. E allo stesso modo, più in grande, per ragioni politiche e non solo, è necessario parlare con Biden, perché non c’è niente da fare, l’unico Paese che può realmente convincere gli ucraini a predisporsi – non dico ad accettare – ad un negoziato sono gli Stati Uniti, per evidenti ragioni di legami con Zelensky e con il suo governo. Quindi è una proposta molto articolata e, proprio perché è una proposta articolata, è anche una proposta che segnala tutta la difficoltà di una mediazione; perché bisogna mettere d’accordo tante teste, tanti progetti politici e non solo e questo è indubbiamente complicato. Ma, ripeto, io credo che quello per cui si debba lavorare oggi non è una prospettiva di pace perché la pace è una cosa grossa tra Russia e Ucraina, o tra russi e Occidente in generale – che potrà essere realizzata realmente chissà quanto -, ma credo sia fondamentale, in questo momento, fermare la guerra, fermare la strage».

Di fatto però, con la sua proposta, Macron non sta indirettamente riconoscendo Papa Francesco come il solo attore internazionale capace di farsi ascoltare da tutte le parti in causa nel conflitto? «Sicuramente Macron non la vive così, ma sicuramente noi, dall’esterno, possiamo tranquillamente ammettere che Papa Francesco è di fatto, dal punto di vista dei grandi leader mondiali, l’unica speranza rimasta, perché uno degli aspetti di speranza di questa crisi, secondo me, è che non si è visto finora nessuno capace, pur nelle rispettive posizioni, pur nell’aiuto e pur nel sostegno all’Ucraina, capace di affiancare a tutto questo anche una proposta, appunto, per far cessare le ostilità. Perché io trovo assolutamente assurdo che si continui a combattere una guerra che palesemente non avrà vincitori. Avrà solo vinti. È assolutamente impensabile che la Russia si ritiri nei confini, diciamo, di prima del 2014 – a meno che non avvenga un tracollo tale della sua potenza militare e della sua stabilità economica che, a quel punto, sarebbe un male in sé, sarebbe un fattore di rischio per l’Europa intera. Poi è altrettanto impensabile, con quello che si è visto in questi mesi, che l’Ucraina tracolli, perché ha dietro tutta la potenza economica, finanziaria dell’Occidente. Quindi questa è una guerra che non avrà vincitori, ma avrà solo vinti. Quindi tutte le guerre sono tremende, ma questa è palesemente una guerra inutile e che deve essere al più presto arrestata. Ora, il fatto che ci si rivolga al Papa è sicuramente merito della sua autorevolezza e della sua posizione – sempre molto equilibrata e precisa in favore della pace, senz’alcuna confusione tra aggressore e aggredito -, ma è anche il segno un po’ di una disperazione».

Perché? «Non c’è un’altra proposta politica in campo. Perfino quella di Erdogan, che è sembrato l’unico che potesse in qualche modo mediare. Erdogan continua a dire “parliamoci, sediamoci e negoziamo”, ma non ha mai espresso punto di caduta su cui i contendenti potrebbero mettersi d’accordo».

Mi pare di capire, da quello che accennava poc’anzi, che l’invio di armi a Kiev – che ha dato all’Ucraina la possibilità di ottenere successi militari – costituisca oggi, di fatto, un elemento allontana il negoziato. Sbaglio? «Questo è indubbio. È chiaro che la convinzione degli ucraini è cresciuta con i mesi. Perché da un sostanziale pessimi dei primi giorni si è passati ad un sostanziale pessimismo di questi giorni. Io proprio ieri leggevo i dati dei recenti sondaggi svoltisi in Ucraina e – cito a memoria, ma siamo lì – il 94 o 95% degli ucraini crede nella vittoria finale del loro Paese, là dove per vittoria loro intendono la ritirata totale dei russi dai loro territori. Quindi in questo momento il morale degli ucraini è altissimo, la convinzione è altissima. Certo che bisognava fornire le armi agli ucraini, perché senza le armi – e gli aiuti finanziari, l’intelligence e l’addestramento ricevuto – i russi sarebbero non dico a Kiev, ma nei pressi; però resta il fatto che quello che bisognava fare fin dall’inizio era aiutare gli ucraini a non essere travolti, ma anche cercare comunque di lavorare per spegnerlo questo conflitto. Mentre invece è palese che, politicamente, c’è tutta una serie di Paesi, in Europa e fuori, che vogliono approfittare di questa crisi per dare una lezione alla Russia. Parlo degli Stati Uniti, della Polonia, dei Paesi Baltici, del Nord Europa, della Repubblica Ceca, eccetera. Sono questi i Paesi che credono – ma io penso sia un errore – di avere tutto l’interesse di prolungar e la guerra all’infinto per sfiancare la Russia».

Invece? «Temo la loro sia un’illusione, esattamente come penso sia una illusione quella della Russia – e lo era fin da principio – di prendere un pezzo di Ucraina e poi starsene lì tranquilla. Non succederà mai».

A proposito di Stati Uniti, 30 esponenti democratici della Camera hanno inviato una lettera aperta a Biden per sollecitarlo a “cambiare radicalmente la sua strategia sulla guerra in Ucraina e a portare avanti negoziati diretti con la Russia”. Questo dibattito interno Usa può favorire la ricerca di un negoziato, con le elezioni di midterm alle porte? «Credo che fino alle elezioni di midterm non succederà assolutamente nulla, perché se Biden cambiasse parere sprofonderebbe nel senso che dovrebbe spiegare agli americani, oltre a tutto il resto, come mai ha fornito armi prendendo una linea per mesi salvo poi rimangiarsela. In caso di un disastro elettorale, invece, può darsi che questi dubbi – che sono di molti, eh, non solo di questi deputati democratici, ma di fior di intellettuali e analisti – con Biden “anatra zoppa”, cioè un Presidente che ha il Congresso nei due rami totalmente contro, ecco allora qualcosa, in effetti, potrebbe succedere. È chiaro che quello rientrerebbe nella serie di patteggiamenti che un Presidente “azzoppato” dovrebbe fare con il Congresso per poter continuare a governare». (Foto: Imagoeconomica).

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