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10.12.2024

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Senza l’uomo maschio una civiltà muore. Parola del Washington Post
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13 Luglio 2023

Senza l’uomo maschio una civiltà muore. Parola del Washington Post

La crisi del maschio e del padre sono argomenti noti ad un certo pubblico conservatore. Restano un faro, da questo punto di vista, libri come L’uomo maschio di Éric Zemmour e Il padre, l’assente inaccettabile di Claudio Risé. Anche la nostra rivista (qui per abbonarsi) si è occupata dell’argomento. Decisamente meno consueto, però, è che sia una donna, per di più su un grande giornale, a sollevare un tema di questo genere. Per questo appare particolarmente interessante la lettura di un intervento eloquente già dal titolo – Men are lost – a firma di Cristina Emba uscito sul prestigioso Washington Post.

In estrema sintesi, la Emba evidenzia come la società americana veleggi verso una marginalizzazione del maschio e come ciò non sia un problema del maschio, ma dell’intera società appunto. Richiamando Manhood in the Making: Cultural Concepts of Masculinity (Yale University Press, 1990), un lavoro dell’antropologo David D. Gilmore, l’editorialista anzitutto ricorda che il concetto di virilità – per quanto lo si possa pensare un prodotto culturale – di fatto ritorna in tutte le società conosciute e viene in genere visto come qualcosa di prezioso. Non solo.

Nel suo studio, Gilmore ha inoltre riscontrato come la virilità venga socialmente conquistata dagli uomini attraverso tre tipi di azioni ben precise: il provvedere alla propria famiglia e comunità, la protezione del contesto in cui si vive ed il procreare. Ebbene, nota la Emba, nel contesto «moderno tutti e tre questi obbiettivi paiono meno celebrati e più lontani dalla portata». Il tema però non è solo valoriale, ma anche economico e organizzativo, dato che si delinea un contesto in cui l’uomo rischia di diventare semplicemente inutile.

«La deindustrializzazione, l’automazione, il libero scambio e i tempi di pace», si legge in questo bel saggio del Washington Post, «hanno modificato profondamente il mercato del lavoro, ma non certo a favore degli uomini. La necessità di lavoro fisico è infatti diminuita, mentre le competenze trasversali e le credenziali accademiche sono sempre più premiate. Un numero crescente di uomini in età lavorativa si è staccato dal mercato del lavoro, con il calo maggiore dell’occupazione tra gli uomini di età compresa tra 25 e 34 anni».

In tale contesto, nella società americana la “guerra tra i sessi” sembra vedere equilibri che paiono, soprattutto nelle tendenze, del tutto rivisti: «Gli uomini ora ricevono circa 74 attestati di laurea ogni 100 concessi alle donne, e rappresentano oltre il 70% del calo complessivo delle iscrizioni all’università. Nel 2020, quasi la metà delle donne ha riferito in un sondaggio TD Ameritrade di guadagnare o guadagnare la stessa cifra dei loro mariti o partner, un enorme salto rispetto a meno del 4% delle donne nel 1960».

Insomma, le donne stanno rapidamente guadagnando la sospirata parità, ma l’uomo in compenso è in crisi. E questo è un problema enorme soprattutto per le giovani generazioni. «Quando parlo con i miei amici», dice un giovane laureato citato sulla celebre testata americana, «posso letteralmente contare sulle dita di una mano il numero di amici che ho che hanno un buon rapporto con il loro papà e in realtà hanno imparato cose da lui». Naturalmente il Washington Post non si spinge alla nostalgia per i tempi andati. Però evidenzia un problema. E che lo faccia una testata simile, ecco, è decisamente significativo.

Anche perché, lo si ripete, il problema dell’assenza dei padri non è un problema delle famiglie in cui ciò si verifica: è un problema sociale. Il perché lo attestano le innumerevoli ricerche che hanno trovato schiaccianti associazioni tra l’assenza paterna e la devianza giovanile, la diffusione del crimine e della delinquenza, il degrado urbano nei quartieri (per lo più popolati da giovani di colore) dove vivono tanti figli senza papà. Di tutto questo n’è accorto perfino il Washington Post. Che cosa aspettano a prendere coscienza le istituzioni, favorendo l’unità e non la disgregazione familiare? (Foto: Washington Post/Pexels.com)

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