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Springsteen e il sermone sull’unità al Super Bowl. Ma non è credibile.
NEWS 9 Febbraio 2021    di Raffaella Frullone

Springsteen e il sermone sull’unità al Super Bowl. Ma non è credibile.

«La nostra luce ha sempre trovato la sua strada nell’oscurità» … «To the ReUnited States of America», ovvero «verso gli Stati RiUniti». È il cuore dello spot mandato in onda domenica nel mezzo del Super Bowl 2021. Parliamo dell’attesissimo show che occupa la pausa tra il primo e il secondo tempo della finale del campionato statunitense di football americano, l’evento sportivo più seguito nel Paese. L’anno scorso lo spot della New York Life Insurance Company, come da copione di forte impatto emotivo, aveva come tema l’agape contrapposto all’eros, quest’anno è sceso in campo per il marchio Jeep niente meno che The Boss, Bruce Springsteen.

I centoventi secondi di spot si aprono con una strada innevata, un primo piano dei suoi stivali dentro una vecchia Jeep e poi l’immagine di una minuscola chiesetta, la US Center Chapel, poi la voce solenne di Springsteen che inizia a narrare: «C’è una cappella in Kansas, al centro esatto degli Stati Uniti …». La musica in sottofondo si sente appena, sapientemente dosata perché la voce del Boss risuoni dal centro geografico del Paese, «dove tutti sono benvenuti». Usato come metafora della spaccatura politica degli Usa, il centro, dice Springsteen, «è stato un posto difficile da raggiungere ultimamente – tra il rosso e il blu, tra il servo e il cittadino, tra la nostra libertà e la nostra paura. La paura non è mai stata il meglio di chi siamo, e la libertà non è di proprietà di pochi privilegiati, ma appartiene a tutti noi, chiunque tu sia e da qualunque posto tu arrivi».

 

Il regista Oliver Francois ha a lungo corteggiato Springsteen per avere un suo sì, questo è infatti il primo spot del cantautore in 48 anni di carriera. «Possiamo arrivare in cima alla montagna, attraverso il deserto… e attraverseremo questa divisione…» Lo spot non è nemmeno terminato che sui social iniziano a scorrere fiumi di retorica, oceani di hashtag celebrativi. Titolano i quotidiani nostrani il giorno successivo: «Super Bowl 2021, la prima volta di Bruce Springsteen in una pubblicità: lo spot è un inno all’unità dell’America», «Bruce Springsteen fa riunire l’America con Jeep, ecco l’emozionante spot per il Super Bowl», « Springsteen, il sogno americano ritrovato in una chiesa», «La prima volta del Boss con un messaggio per l’unità degli Stati Uniti», insomma, tutti all’unanimità riconoscono che ora finalmente gli Stati Uniti possono celebrare l’armonia ritrovata con la nomina di san Joe Biden, anche se non viene nominato.

«Volevamo un’esperienza spirituale». ha dichiarato il regista. Peccato che il celebrante non sia credibilissimo quando parla di unità, dal momento che da tempo ha deciso da che parte stare. Il Boss è stato un protagonista della campagna elettorale per Obama nel 2008, esponendosi pubblicamente per la difesa del “diritto all’aborto”. Nel 2016 poi, non ha esitato a sospendere le date del suo tour in North Carolina come segno di protesta per la legge, allora approvata nello Stato americano, che prevedeva che coloro che si identificavano come transgender dovessero comunque usare i bagni pubblici del proprio sesso di nascita. Ma Springsteen non ha mai nemmeno nascosto la sua ostilità all’ex presidente Trump contro cui si è scagliato più volte. Tutto legittimo in democrazia, decisamente però poco credibile per il ruolo di sacerdote dell’unità in un’America lacerata che non basta uno spot a ricucire, nemmeno se è al Super Bowl.


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