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Stilla come rugiada dal Kuwait #17 – Non mormorate per distorcere la Verità
NEWS 8 Agosto 2021    di don Francesco Capolupo

Stilla come rugiada dal Kuwait #17 – Non mormorate per distorcere la Verità

XIX Domenica del Tempo Ordinario 08/08/2021

Commento al Vangelo Gv 6, 41-51

In quel tempo i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: «Sono disceso dal cielo»?».

Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.

Ἐγόγγυζον, comincia così il versetto 41, l’inizio della pagina del Vangelo di questa domenica. I giudei mormoravano, traduce in italiano il testo ufficiale della Cei; mormoravano nel senso che “borbottavano”, non si lamentavano o criticavano, facevano qualcosa di peggio: costruivano elementi di maldicenza nei confronti di Gesù. La maldicenza, la zizzania, si rivelano strumenti fondamentali per creare un clima di verità che però impazzisce, aprendosi alla libera interpretazione verso la menzogna. Riflettiamoci e scopriremo che ciò che rende “malvagio” il testo (ed è significativo che anche noi che leggiamo e non ascoltiamo quelle parole lo “riceviamo” così) non è la sostanza delle parole: i mormoratori, infatti, dicono la verità, Gesù è realmente il figlio (putativo, ma per loro era ovviamente anche naturale) di Giuseppe, realmente conoscevano Giuseppe stesso e Maria. E si domandavano come potesse dire, per loro che lo avevano visto nascere, di essere disceso dal cielo come la manna. Ciò che rende malvagie quelle parole è la loro testimonianza. Abbiamo una responsabilità enorme di fronte al mondo, la Verità stessa, Gesù di Nazaret, si affida alla nostra testimonianza perché lo si conosca. Capiamo bene che la libertà è il nostro spartiacque fondamentale: se vogliamo testimoniare la Verità, ci lasciamo permeare e orientare da questa, altrimenti la facciamo “impazzire” e nasce l’αἵρεσις, “eresia” in greco, ossia una scelta diversa da quella reale, istituzionale cioè naturale: la “nostra” verità che per sua natura, staccandosi dalla realtà, diventa la menzogna.

Inutile ricordare la stessa dinamica dell’incontro tra il serpente ed Eva tratto da Genesi; il vitello d’oro dell’Esodo; l’eresia di Salomone che svenderà la tradizione proprio per seguire la sua verità impazzita e così via.

Noi contemporanei, però, siamo ancora più segnati da questo veleno. Siamo, inevitabilmente, figli dell’illuminismo, riversato in Europa con i suoi “crismi” di esoterismo e gnosticismo che ha instillato in noi il dubbio perenne della nostra libertà: l’uno vale l’altro, tutto è soggettivo, tutto è addirittura relativo e quindi neanche valido per il singolo alla stessa maniera e per sempre e questa dinamica si muove proprio sul cavallo dell’eresia, della verità impazzita e che quindi diventa una scelta sbagliata: non può esistere un Dio personale, un Dio che discende dal Cielo e si lascia avvicinare, conoscere, “gustare” come il pane, come se fosse, cioè, qualcuno di familiare e allo stesso tempo eterno, oltre il tempo, oltre il limite. E’ terribile per i “moderni” questa dinamica; impazziscono nell’immaginare che la ragione umana trovi luce nella fede e che il rapporto personale con Dio, scegliere l’Eterno rispetto all’ “eseguibile” materialistico, non diminuisce la dignità dell’uomo ma al contrario la accresce.

Quante volte sentiamo ripetere la massima kantiana: “il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”. Ci affascina questa immagine. Senz’altro è poetica; ho visto amici fidanzati metterla sotto una loro foto nella notte di San Lorenzo mentre cercano le stelle cadenti. Tutto molto romantico ma non era l’intento di Kant, né tantomeno questa frase ha una pregnanza valida per noi. Se la Bellezza e la certezza del Cielo stellato sopra il mio naso sono pari alla certezza della legge morale “dentro di me”, ossia inscritta e affidata alla mia soggettività e che manca della Verità che ne è sostegno e supporto, questo significa che dentro di me posso generare qualunque cosa, decretandola divina, come un cielo stellato. Ma la divinità è ciò che siamo chiamati a conquistare nell’eternità grazie alla Resurrezione di Cristo. Noi aneliamo alla divinità perché è inscritta nel nostro cuore ma non siamo “dei” che costruiscono una realtà nella realtà, altrimenti faremmo, appunto, un’eresia continua, una “scelta” contraria e diversa da ciò che Dio ci presenta ogni giorno perché sia la nostra testimonianza.

Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.

E’ proprio così. Non fate “scelte” parallele tra di voi, perché nessuna ragione umana da sola e in assoluto, può conoscermi pienamente se non è illuminata dalla Grazia della fede e se non aderiamo liberamente e testimoniamo ciò che abbiamo conosciuto, non possiamo gustare l’eternità della vita in Dio (Io lo resusciterò nell’ultimo giorno).

Nel mio servizio alla Chiesa kuwaitiana mi trovo anche a celebrare con le comunità del Cammino Neocatecumenale. In occasione dell’anniversario della nascita al Cielo dell’iniziatrice Carmen, mi hanno chiesto di celebrare la S. Messa in suo suffragio. Prima dell’inizio della celebrazione, il responsabile della comunità fa una introduzione “ambientale”, spiegando il senso della celebrazione e ricordando che siamo assieme per pregare, non per passare del tempo.

Alla fine della celebrazione, mi sono avvicinato e l’ho bonariamente richiamato: “sei stato troppo lungo, non finivi più! Devi essere più conciso, non ti ascolta nessuno sennò”.

E lui sorridendo mi ha risposto: “E’ vero padre, io mi mordo sempre la lingua in ritardo quando ormai ho parlato già troppo! Mia moglie mi fa segno ma io credo di non essere mai sazio della Parola di Dio e parlo, parlo, parlo troppo! Chiedo scusa!”.

“Hai detto una cosa importante: non siamo mai sazi della Parola di Dio e questo può essere utile a legarci a Lui, non corriamo il rischio di perderci in parole nostre! Però se sarai più conciso eviti la mormorazione e non è male prima di cominciare la S. Messa!”.

Anche i momenti di condivisione e ironia costruiscono la comunità cristiana e ridere assieme allontana il Diavolo della maldicenza.


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