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Stilla come rugiada dal Kuwait #10 – Non ci salva l’azione, ma l’appartenenza
NEWS 20 Giugno 2021    di don Francesco Capolupo

Stilla come rugiada dal Kuwait #10 – Non ci salva l’azione, ma l’appartenenza

XII Domenica del Tempo Ordinario 20/06/2021

Commento al Vangelo Mc 4, 35-41

Da circa una settimana qui in KUWAIT siamo sottoposti ad una tempesta di sabbia veramente intensa e a tratti terribile. Trema tutto, le tende e i container sembrano sradicarsi da terra da un momento all’altro, non si chiude occhio per notti intere perché tutto balla e sembra distruggersi sotto la potenza invisibile di un fortissimo vento che raggiunge anche i 70 km/h. Una sensazione di panico e terrore colpisce sempre tutti dopo i primi giorni; sei vulnerabile, impotente, costretto solo a cercare riparo. TERRIBILE è un aggettivo forte ma ci consente di comprendere a fondo quanto le forze della natura possano avere riverberi fortissimi sulla nostra psiche e sulla nostra vita: paura, senso di impotenza nascono, molto spesso, dall’intreccio delle condizioni naturali a cui siamo sottoposti assieme a quel senso di abbandono che proprio le forze della natura innescano in noi, quando non siamo certi di essere, anche nel silenzio, abbracciati dal Signore.

«Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (cfr,. Mc 4, 38). Questa domanda, diretta a Gesù, che dorme a poppa ( in caso di tempesta è il luogo più sicuro ma non si può dormire, bisogna stare in allerta) e sembra non curarsi di quanto avvenga, manifesta tutto il senso di abbandono dei discepoli, il “panico” che li attraversa perché la potenza del “mare” sembra sovrastare tutto: noi soffriamo, noi stiamo per naufragare e tu dove sei? Tu dormi?

Quante volte anche noi, nelle lotte naturali della nostra vita, ci rivolgiamo a Dio con questa domanda di sfida…dove sei? Perché pensi a tutti e non a me?

La riposta del Signore è semplice, diretta e anche un po’ dura: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».

La fede ci aiuta a non avere paura? La fede rasserena il nostro stato d’animo? Questa frase di Gesù sembra non rispondere alle esigenze dei discepoli, perché si interrogano tra di loro su chi sia Gesù, a cui la natura obbedisce ma non si interrogano su chi sia per loro.

Questo è il punto nodale. Gesù è svegliato dai discepoli impauriti e lo svegliano perché lui faccia qualcosa (che poi fa e che loro leggono come una conferma alla loro ipotesi sulla sua Onnipotenza) di concreto, non basta loro la Sua Presenza. Gesù c’è, è con loro, lo hanno portato loro sulla barca (E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca, cfr. Mc 4, 36) ma dubitano della Sua presenza; ecco perché Gesù risponde così: non avete ancora fede?

I discepoli non si chiedono chi sia Lui per loro, ma vogliono (in buona fede) che Lui faccia qualcosa per loro, scambiano l’appartenenza amorevole di Dio con un rapporto “utilitaristico”: tu puoi tutto, che ti costa?

Ma non è questo quello che veramente conta nella nostra vita. Quello che conta nella vita di ciascuno di noi è sapere che Gesù è qui, adesso, nei sacramenti, nella comunità, nella Chiesa, vicino a me e se sembra che stia dormendo (ricordate la morte di Lazzaro? “Lazzaro dorme, andiamo a svegliarlo”) non è così ma è la nostra prospettiva materialistica e attivistica che ci fa cadere nel tranello di credere che esista solo l’azione a salvarci e non l’Appartenenza, l’Essenza. Noi siamo del Signore, siamo chiamati a stare con Lui sempre e questa promessa è certezza donata dalla Sua Resurrezione, Risorto per sempre, non muore più e il suo sonno è la carezza di Colui che ascolta il grido dei Suoi Figli e li attende giorno per giorno.


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