Lo aveva promesso in campagna elettorale e, purtroppo per le donne e i nascituri, contrariamente a ciò che succede di solito ai proclami elettorali, questa volta la promessa si sta concretizzando. Donald Tusk, primo ministro polacco, ha presentato un progetto di legge per legalizzare l’aborto nel paese che fino ad ora lo autorizzava solo in caso di stupro, incesto o grave pericolo per la gestante. La mattina del 24 gennaio il governo polacco aveva già approvato un progetto di legge per l’accesso libero, ovvero senza la necessità di alcuna prescrizione, alla pillola del giorno dopo, la malamente e maliziosamente detta “contraccezione d’urgenza o di emergenza”.
«La Civic Coalition (KO), il più grande gruppo della coalizione di governo polacca, – leggiamo sul Catholic Erald, (con questo progetto legislativo intende) – introdurre l’aborto su richiesta fino alla dodicesima settimana di gravidanza. Ciò non solo porrebbe fine all’attuale divieto quasi totale dell’aborto – che è stato introdotto nel 2021 con il sostegno della Chiesa – ma stabilirebbe un quadro giuridico più permissivo sull’aborto di quanto esistesse prima.» A riguardo la Chiesa si è espressa con addolorata chiarezza con le parole del sacerdote Leszek Gęsiak, portavoce della Conferenza episcopale polacca. Entrambi i disegni di legge «sono “devastanti” in quanto “portano la morte sotto le spoglie di slogan dal suono eufemistico”.»
Ciò che viene perseguito sul fronte legislativo, promosso ed esaltato nell’opinione pubblica, come progresso e liberazione non è altro che la maschera di un carnevale senza gioia perché nasconde i tratti della morte. Il presule ha sottolineato i cardini che si vogliono far cedere ma che restano nella loro verità indeformabile: «poiché la vita umana inizia al concepimento la questione dell’aborto “non è una questione privata”». Della vita di un’altra persona non è dato disporre a nessuno. Per questo, ha concluso, «Togliere la vita di qualcuno non può mai essere chiamato progresso o modernità.» Il primo ministro in carica sostiene e difende con sicumera il fatto che la pillola del giorno dopo sia un contraccettivo in senso stretto, perché capace solo di impedire o ritardare la fecondazione; mentre il principio attivo da cui è composta è in grado anche di provocare un aborto precocissimo, perché impedisce l’impianto dell’ovulo già fecondato. Anche su questo fronte Gęsiak ha risposto con una ferma e argomentata opposizione. La realtà biologica, del resto, è dalla sua parte, non è questione di schieramenti o preferenze ideologiche, ma di come si sviluppi la vita di un essere umano.
Anche se nella società polacca la maggioranza si è dichiarata a favore di un allargamento dell’accesso all’aborto la verità riguardo alla vita resta immutata. Cosa implica per le coscienze questo? Lo ha dichiarato l’arcivescovo Stanisław Gądecki, presidente della KEP: «Non si deve mai rispettare tali leggi anche se vengono introdotte democraticamente». Non è la maggioranza a poter modificare la verità. L’uccisione di una vita umana può diventare legalmente ammissibile, ma resta il maggiore dei soprusi che gli uomini possono infliggere ad altri loro simili, i più indifesi tra tutti. Non a caso Madre Teresa chiamava l’aborto il grande distruttore della pace del mondo di oggi. Un mondo che in molte sue parti dimostra di voler diffondere e consolidare una mentalità di morte: tra i passi più recenti e preoccupanti in questa direzione l’approvazione dell’Assemblea nazionale francese per incardinarlo come diritto nella carta più importante della repubblica, la Costituzione.
(Fonte foto: Screenshot, Biuro Prasowe Konferencji Episkopatu Polski, YouTube)
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