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Un eroe da conoscere: Teofilo Matulionis, il vescovo lituano martire sotto il comunismo
NEWS 21 Febbraio 2017    

Un eroe da conoscere: Teofilo Matulionis, il vescovo lituano martire sotto il comunismo

(AgenSir). Si svolgerà a Vilnius il prossimo 25 giugno la celebrazione per la beatificazione di Teofilo Matulionis (1876-1962), presieduta dal card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei santi, inviato del Papa. “L’annuncio della beatificazione del venerabile arcivescovo Teofilo è un dono al popolo lituano”, si legge sul sito della Conferenza episcopale che dà notizia dell’evento: la sua vita “testimonia il coraggio e la forza” con cui una persona può affrontare la vita in un sistema che disprezza la religione e la coscienza. L’arcivescovo ha sopportato “sedici anni di carcere e quattro agli arresti domiciliari non per aver commesso crimini, ma per odio alla fede cristiana” e con “il suo martirio ha testimoniato la fedeltà al Vangelo e l’amore per la Chiesa”. Nell’onorare questa figura, “la Chiesa ricorda e rende omaggio a tutti i martiri cristiani di fede e di coscienza, vittime del comunismo ateo, la cui vita sacrificata per la fede e la libertà della patria non è così conosciuta”. Matulionis, già arcivescovo di Kaišiadorys, è morto avvelenato, martire dell’ateismo di Stato del regime comunista sovietico dopo essere più volte incarcerato e deportato in Siberia. È la prima volta in cui una tale cerimonia si svolge in Lituania: “Questo non è solo un evento storico, ma un invito a vivere con coraggio il Vangelo nelle sfide di oggi e di fronte alla persecuzione. È una buona occasione per incontrare il Gesù vivo e diventare suo discepolo”, scrivono i vescovi.

Breve bio di Teofilo Matulionis

Nacque nel 1873 nel governatorato di Kovno (oggi Kaunas, in Lituania). Concluse gli studi presso il seminario di San Pietroburgo. Nel 1900 fu ordinato sacerdote cattolico di rito latino. Dal 1912 al 1914 fu vicario della chiesa cattolica di Santa Caterina a San Pietroburgo. Dal 1922 fu parroco della chiesa del Sacro Cuore a Pietrogrado. Nel marzo del 1923 fu arrestato col gruppo di sacerdoti guidato da monsignor Jan Cieplak. Tra il 21 e il 26 marzo 1923 si svolse a Mosca il processo a porte chiuse. Per ordinanza del Tribunale militare fu condannato a 3 anni di carcere in base agli articoli 40, 68, 69-1, 119 e 121 del codice penale della Repubblica federativa russa. Scontò la pena nelle prigioni di Sokol'niki e di Lefortovo. Nel gennaio del 1926 fu messo in libertà. Il 9 febbraio 1926 fu consacrato segretamente vescovo nella chiesa di San Luigi dei francesi a Mosca. L'8 novembre 1929 fu arrestato a Leningrado. Il 13 settembre 1930 per ordinanza del Collegio dell'OGU fu condannato a 10 anni di campo di concentramento in base agli articoli 58-6, 10, 12, 121 e 122 del codice penale della Repubblica federativa russa. Fu inviato alle Solovki. Nel luglio del 1932 fu arrestato alle Solovki nell'ambito dell'inchiesta collettiva sul clero cattolico sull'isola di Anzer, accusato di "aver creato un'associazione antisovietica, che svolge propaganda antisovietica, che ha celebrato in segreto riti teologici [sic!] e religiosi e ha stabilito un contatto illegale con l'esterno per trasmettere all'estero informazioni di carattere spionistico sulla situazione dei cattolici in URSS". L'istruttoria chiese "che fosse messo a disposizione dell'OGPU del distretto militare di Leningrado". Il 27 maggio 1933 per ordinanza del Collegio dell'OGPU fu condannato a un anno di isolamento per punizione. In settembre fu portato a Mosca. Il 26 settembre 1933 fu liberato ed espatriò in Lituania grazie ad uno scambio di prigionieri. Nel 1946, dopo il ritiro dalla Lituania delle forze d'occupazione tedesche, fu arrestato e condannato a 10 anni di campo di lavoro correzionale. Fu inviato in Siberia. Nel 1956 fu messo in libertà. Tornò in Lituania. Visse confinato a Seduva, senza poter amministrare la propria diocesi. Poco prima di morire ricevette dal Papa il titolo di arcivescovo. Morì a Seduva il 20 agosto 1962.