«Oggi, in un periodo di guerra, crisi energetica e alimentare, le organizzazioni istituite per prevenire la guerra e preservare la pace si stanno concentrando sull’indottrinamento ideologico». È il passaggio finale del discorso che la presidente dell’Ungheria, Katalin Novak, ha tenuto alla 77° Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York.
A quale «indottrinamento» facesse riferimento la Novak non è difficile da capire. Le sue parole rivolte ai leader mondiali arrivano appena una settimana dopo che all’Onu si è tenuto un vertice sull’educazione per promuovere l’ideologia di genere, compresa la promozione dell’autonomia sessuale dei bambini e la propaganda omosessuale e transgender. E parole che sono risuonate in controcanto a quelle proferite dal presidente americano Joe Biden, che ha affermato al palazzo di vetro che le guerre culturali globali saranno vinte da paesi che promuovono i «diritti riproduttivi fondamentali» e laddove «le persone LGBTQ+ vivono e amano liberamente».
«Non è quello che serve oggi», ha terminato il suo discorso la presidente ungherese, riferendosi appunto «all’indottrinamento ideologico». «Dobbiamo invece recuperare la nostra capacità di distinguere tra l’essenziale e l’irrilevante, l’importante e il non importante, la realtà e la finzione», ha detto Novak. Insomma, la presidente ungherese ha detto di mettere davvero la pace come priorità, senza distrazioni.
L’Ungheria è nel mirino dell’Unione europea, declassata a «autocrazia elettorale» in una relazione adottata lo scorso 15 settembre. Nel mirino anche la Polonia. Entrambe finite in punizione per una serie di ragioni, tra cui, se non soprattutto, le loro posizioni rispetto ai cosiddetti «diritti civili» (aborto, matrimonio gay, gender, etc.). Ma questi sono «indottrinamenti ideologici» solo secondo le cosiddette «autocrazie elettorali»?
No, lo sono anche per il Vaticano. Nel suo discorso alla 77° Assemblea generale dell’Onu il cardinale Pietro Parolin ha detto che le Nazioni Unite soffrono «di una crisi di credibilità che nasce non soltanto dalla sua apparente impotenza in tempi di crisi, ma anche dalla promozione di agende, in molti fori, che spesso spostano l’attenzione su “tematiche per loro natura divisive e non strettamente attinenti allo scopo dell’organizzazione”. Di fatto, queste agende esprimono un “ripudio dei fondamenti naturali dell’umanità e delle radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli”. Papa Francesco l’ha definito “colonizzazione ideologica”».
Il cardinale Parolin, come la presidente Novak, ha detto ai leader mondiali di non utilizzare armi culturali di distrazione di massa e di concentrarsi sull’essenziale. Che in questa momento storico ha un solo nome: pace.
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