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Utopia senza Dio. Un libro racconta l’inferno ateo sovietico
NEWS 18 Ottobre 2019    di Giuliano Guzzo

Utopia senza Dio. Un libro racconta l’inferno ateo sovietico

«Godless Utopia», l’utopia senza Dio. Si chiama così l’ultima fatica letteraria di Roland Elliott Brown, studioso e firma di autorevoli testate quali Foreign Policy, Guardian e The Spectator. Un libro che si annuncia davvero interessante se non altro perché è il primo, in assoluto, a raccogliere in modo sistematico il materiale propagandistico sovietico contro la religione. Battaglia, questa, che i comunisti continuarono senza tregua dal 1917 al 1991, fino all’implosione del loro regime, e che iniziarono subito a ridosso della Rivoluzione d’Ottobre al grido di «abbiamo sterminato gli zar terreni e stiamo arrivando a quelli celesti!».

In effetti, i sovietici furono di parola dal momento che intrapresero una campagna martellante per screditare tutte le divinità, le confessioni e le tradizioni religiose sul vasto ex impero. Non solo. Chiusero tutte le scuole religiose, chiusero i monasteri e si attivarono per la distruzione totale delle proprietà della chiesa. A dire il vero, però, l’odio comunista non si limitò solo alla Chiesa e alla religione, ma incluse tutto ciò che riguarda l’ordine naturale, famiglia e vita in primis.

Sin dal principio, infatti, i comunisti si mostrarono tempestivi, come meglio non potevano, nel lavorare contro l’istituto familiare: il 19 ed il 20 dicembre 1917 – subito dopo la mitica Rivoluzione, dunque – furono varati due provvedimenti che oggi, peraltro, troverebbero senza dubbio posto nell’agenda progressista: il primo, sul divorzio, stabiliva che bastasse la richiesta di uno solo dei coniugi per ottenerlo, mentre il secondo decretò l’abolizione del matrimonio religioso in favore di quello civile. La ciliegina sulla torta, se così possiamo dire, arrivò poi nel novembre del 1920 con la legalizzazione dell’aborto procurato sulla base della semplice richiesta della donna, da effettuarsi in strutture idonee e con personale autorizzato; una misura che rimase in vigore fino al 1936, quando il legislatore sovietico, verosimilmente allarmato dallo scenario venutosi a creare, tornò sui propri passi con un sorta di «controriforma familiare».

Ma torniamo alle 191, dense pagine di Godless Utopia, ricche di illustrazioni, poster e copertine delle riviste atee dell’era comunista, con accurate traduzioni degli slogan. Il volume nasce per rompere il silenzio su un argomento che, in Occidente, non ha mai smesso di essere tabù: l’ateismo sovietico, appunto. Questo nonostante ci fu chi, da subito, denunciò apertamente tale dramma. Come fece Papa Pio XI che nella sua enciclica Divini Redemptoris, con chiaro riferimento proprio alla dittatura comunista russa, affermò testualmente: «Abbiamo sovente e con premurosa insistenza denunziate le correnti atee minacciosamente crescenti».

Sfortunatamente, la cultura laica occidentale ha completamente perso memoria di quel periodo e, soprattutto, dell’ateismo di Stato e di ciò che comportò per milioni di contadini. Già, perché – sottolinea Elliott Brown – nel 1917 la stragrande maggioranza della popolazione del nascente stato sovietico era composta da contadini sì analfabeti eppure solidamente ancorati alle tradizioni e ai principi del cristianesimo ortodosso, che per loro era il solo fondamento culturale e spirituale. Un radicamento che la dittatura comunista – a suon di propagande, certo, ma anche atroci persecuzioni – fece il possibile per eliminare; salvo poi, dopo decenni, cadere miseramente. E non in giorni qualsiasi. Anzi.

La fine dell’impero sovietico fu stabilita l’8 dicembre 1991, festa dell’Immacolata Concezione, mentre la firma delle carte e la bandiera rossa ammainata dalla piazza rossa datano il 25 dicembre 1991. Il giorno di Natale. Fu Dio stesso, insomma, a voler metter la firma sulla fine dell’ateismo di Stato e della feroce utopia senza di Lui.


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