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Van Gogh, il suo sguardo religioso s’incarna in quadri ricchi di compassione umana
NEWS 1 Novembre 2023    di Chiara Pajetta

Van Gogh, il suo sguardo religioso s’incarna in quadri ricchi di compassione umana

Occorre abbandonare gli stereotipi del pittore tutto “genio e follia” per penetrare davvero la complessa personalità di Vincent van Gogh, uno dei protagonisti più amati, ma forse meno compresi, dell’arte contemporanea. La mostra di Milano, incentrata su un notevole gruppo di dipinti e disegni, tutti provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo, ci conduce in un percorso affascinante sia cronologico che tematico, che evidenzia gli interessi culturali del grande pittore. Ciò che più colpisce il visitatore è la corrispondenza tra le edizioni originali dei testi che leggeva e le opere esposte, quasi fossero fonte di ispirazione imprescindibile per chi, come van Gogh, quasi “viveva” con i libri.

 “Io ho una passione più o meno irresistibile per i libri e ho bisogno di istruirmi continuamente, di studiare, se vuoi, proprio come ho bisogno di mangiare il mio pezzo di pane”. Sono parole rivolte all’amato fratello Theo, che documentano quale lettore vorace e curioso fosse van Gogh sin da ragazzo, quando si appassionava ad autori non banali come Ovidio, Shakespeare, Voltaire, Dickens, Zola e Maupassant. Lesse a fondo la Bibbia (Le portatrici del fardello, tra i suoi primi coinvolgenti quadri dedicati alle sofferenze dei lavoratori, rimanda a Galati 6,2), e studiò in più lingue monografie e biografie di artisti. Questo amore per la lettura lo accompagnerà nelle vari fasi della sua vita (1853-1890) e nelle molteplici occupazioni, prima impiegato nella galleria d’arte Goupil, poi insegnante, predicatore e infine pittore dal 1880, quando deciderà di dedicarsi all’attività artistica grazie anche al sostegno finanziario del fratello. La sua sarà un’appassionata e rivoluzionaria ricerca creativa, vissuta come vera e propria vocazione.

“Noi possiamo far parlare solo i nostri quadri”, dichiarò a Theo nell’ultima lettera incompiuta, scritta lo stesso giorno del drammatico suicidio, il 27 luglio 1890. Erano proprio le sue periodiche crisi che gli impedivano di dipingere e per curare le quali decise di farsi ricoverare nell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy. I suoi quadri infatti non sono affatto frutto di ispirazione solo impetuosa, spontanea e irrazionale. Non intendeva “uscire” dalla realtà come qualche critico dei suoi tempi affermava cercando di interpretare in chiave simbolista la diversità evidente di tratti e colori dei suoi quadri. Anzi, van Gogh affermava con sicurezza: “Mi è così caro cercare di essere veritiero che credo di preferire rimanere un ciabattino piuttosto che un musicista con i colori”. 

Davvero umile quindi, il nostro Vincent, tanto da definirsi “ciabattino”. Ma in realtà probabilmente questa immagine nasce dal riferimento costante al suo maestro ideale Jean-François Millet (1814-1875), l’ ”artista contadino” attento alla fatica e alle miserie quotidiane dei protagonisti dei suoi dipinti, che hanno ispirato profondamente van Gogh. L’Angelus della sera copiato appunto da Millet, o il celebre ed emblematico Il seminatore, riprodotto tante volte, prima con i colori scuri dell’inchiostro e poi con le tinte sgargianti dell’olio su tela, mostrano la sacralità della vita incarnata nel gesto del lavoratore: era questa infatti la missione “religiosa” a cui si sentiva innanzitutto chiamato il pittore olandese, sempre attento ad abbracciare con grande sensibilità la condizione dei più poveri e derelitti.

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