Navigare in Rete comporta dei rischi, utilizzare i social network ancora di più. Il nuovo numero del nostro mensile di marzo offre a questo proposito uno speciale Primo piano, in cui vengono raccontati parecchi retroscena rispetto a quella che, a 20 anni dalla nascita di Facebook, è la realtà delle piattaforme che, nate per facilitare la comunicazione – e offrirci più libertà –, hanno finito non solo per togliersi spesso il gusto della comunicazione personale e diretta, ma hanno finito per togliercela, la libertà, in alcuni casi prendendosi pure la salute, a partire da quella mentale.
Sarà per questa ragione che i vescovi canadesi hanno pensato bene di prendere carta e penna e scrivere una lettera pastorale centrata proprio su questo: i social media. Intitolata Let Your Speech Always Be Gracious – letteralmente, «Lasciate che il vostro discorso sia sempre gentile» – potrebbe a prima vista apparire una comunicazione pastorale convenzionale e priva di slancio. In realtà, si tratta di un documento di 14 pagine ben strutturato, che parte da una constatazione: le piattaforme di comunicazione sono ormai parte integrante della vita di ciascuno di noi, non solo dei più giovani.
Basti qui ricordare come quasi 9 canadesi su 10 di quelli che hanno accesso alla Rete (l’87%, per l’esattezza) sono attivi sulle reti dei social. Una quota destinata a salire, entro un paio di anni, al 96%. Attualmente, il tempo dedicato è un’ora e 56 minuti al giorno. Mediamente, s’intende, perché invece gli adolescenti già vi investono 3 ore al giorno. Considerando il tempo dedicato dagli adulti, spalmato su una vita media di poco più di 73 anni, si arriva a dedicare ai social media sei anni e otto mesi, mentre per l’insieme dei pasti si giunge a tre anni e sette mesi.
Dunque davvero Facebook, Instagram, Tik Tok occupano – anche fisicamente – molta della nostra vita. Di qui la preoccupazione dei vescovi canadesi, secondo i quali le istituzioni cattoliche e i media debbono attenersi agli standard più elevati di comunicazione. Rispetto a questo, i vescovi canadesi anzitutto riconoscono come i social possano svolgere una funzione preziosa dato che essi presentano un grande potenziale per «servire un bene umano fondamentale: la costruzione di ponti tra le persone attraverso la condivisione di informazioni». Il punto è che, insieme alle opportunità, i social comportano anche dei rischi – e pure su questo Let Your Speech Always Be Gracious appare di straordinaria chiarezza.
Infatti i vescovi canadesi hanno scritto che, così come sono pensati oggi, «gli algoritmi e le piattaforme» possono portare a «sfruttare la peggiore delle nostre tendenze umane, portando ad ambienti online che violano i valori cristiani fondamentali della verità e dell’umanità dignità». Questo netto richiamo ai pericoli di «algoritmi e piattaforme» va di pari passo con un altro invito, formulato nella medesima lettera pastorale, quello di «non essere ingenui», rispetto ai contenuti che offrono quotidianamente Meta & Co. Tuttavia, in quanto pastori, i vescovi canadesi non si sono fermati ad una analisi e ad una denuncia che, per quanto corrette, sarebbero limitanti e insufficienti se prive di una, per così dire, pars costruens.
Detta pars costruens nella lettera pastorale in questione viene offerta da sette indicazioni, che paiono particolarmente preziose. Esse sono le seguenti: 1) La verifica della correttezza delle informazioni; 2) Prediligere i punti di vista diversi; 3) Rispettare la dignità di tutti, senza ridurre nessuno alle proprie idee) 4) Sviluppare la curiosità; 5) Non fermarsi alle prime impressioni; 6) Privilegiare gli incontri reali; 7) Gestire il tempo di connessione, con la pratica di un “riposo sabbatico tecnologico” ogni settimana. Come si vede, i vescovi canadesi si sono spinti ben oltre il richiamo al prevedibile richiamo del problema delle fake news – che pure vengono citate nella loro lettera -, condividendo indicazioni sagge e che, come tali, dovrebbero essere meditate.
Anche perché, come ormai è purtroppo chiaro, gli algoritmi e le piattaforme sono progettati e pensati e aggiornati appositamente per attirare il più possibile la nostra attenzione e, in definitiva, il nostro tempo. Questo significa che non si tratta di strumenti neutri, tutto il contrario. Ma soprattutto questo vuol dire che sì, nella nostra libertà noi possiamo anche non occuparci di come utilizzare meglio i social; ma in questo caso saranno i social ad occuparsi meglio di noi. Per questo, forse, la lettera dei vescovi canadesi e i loro sette consigli meritano di essere attentamente meditati. Ne va del nostro bene, oltre che del nostro tempo e, in definitiva, della nostra stessa vita. Dato che fra l’esistenza virtuale e quella reale, come noto, ormai il limite si è fatto sottile; anzi, spesso davvero troppo sottile. Quasi invisibile. Ed è, pure questo, un gran problema.
(Fonte foto: Imagoeconomica/Pexels.com)
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